Roma, 20 mag – Dopo un periodo di annunci nel quale si sono vagliate tutte le opzioni sul tavolo, il governo ha approvato il decreto che dà il via libera alle prime cessioni delle aziende di Stato. Coinvolte, almeno in questa prima fase, saranno le sole Poste Italiane e l’Ente nazionale assistenza al volo – Enav. Al di sotto del 50% in entrambi i casi l’ammontare che verrà reso disponibile agli investitori.
Poste Italiane, forte dei risultati conseguiti sotto la guida Massimo Sarmi di recente sostituito da Francesco Caio, si presenta al mercato con una struttura di tutto rispetto. Non più concentrata solo sul classico servizio di corrispondenza, è sempre più un gruppo diversificato presente nel settore bancario e assicurativo, nella telefonia e finanche nei trasporti, in specie dopo l’acquisito di una quota di rilievo in Alitalia. L’utile netto -attualmente di interessenza totalmente pubblica, dato che il ministero dell’Economia detiene il 100% della Spa- è stabile da tre esercizi a quota un miliardo. Il collocamento delle azioni dovrebbe avvenire per una quota pari al massimo al 40%, anche su più fasi. Il decreto prevede inoltre la possibilità di riservare una parte dell’offerta ai dipendenti del gruppo, ai quali potranno peraltro anche essere accordati degli incentivi all’acquisto.
Situazione analoga per Enav. L’amministratore unico Massimo Garbini, nominato al timone da Mario Monti, ha risollevato le sorti dell’azienda trasformandola in una realtà capace di competere nel mercato internazionale. Anche qui, risultati in crescita: 50 milioni l’utile netto del 2013, nonostante la riduzione delle tariffe per il servizio che ha permesso risparmi per almeno 20 milioni alle compagnie aeree. Una riduzione che, stando alle previsioni, dovrebbe aumentare progressivamente a partire dall’anno in corso fino a toccare quota 60 milioni. Una scelta chiara di politica industriale (ne beneficerebbe a piene mani Alitalia), che non è detto venga a concretizzarsi una volta avviata la privatizzazione. Il decreto assegna al ministero dell’economia, che sempre controlla il 100% delle azioni, «la massima flessibilità nel processo di vendita». Anche qui, previsti incentivi per i dipendenti.
Sono quattro i miliardi che si attendono dalla vendita di Poste, solo uno invece per quanto riguarda Enav. Cinque miliardi in totale, che nella loro interezza dovrebbero andare a ridurre il debito pubblico di un misero 0.25%. Ammesso che questa sia la loro destinazione, il risparmio complessivo in termini di interessi sarebbe pari, nella migliore delle ipotesi, a circa 150 milioni l’anno. Questo a fronte di una rinuncia a utili per almeno 400 milioni. Ancora una volta, un pessimo affare.
Filippo Burla