Poste Italiane, forte dei risultati conseguiti sotto la guida Massimo Sarmi di recente sostituito da Francesco Caio, si presenta al mercato con una struttura di tutto rispetto. Non più concentrata solo sul classico servizio di corrispondenza, è sempre più un gruppo diversificato presente nel settore bancario e assicurativo, nella telefonia e finanche nei trasporti, in specie dopo l’acquisito di una quota di rilievo in Alitalia. L’utile netto -attualmente di interessenza totalmente pubblica, dato che il ministero dell’Economia detiene il 100% della Spa- è stabile da tre esercizi a quota un miliardo. Il collocamento delle azioni dovrebbe avvenire per una quota pari al massimo al 40%, anche su più fasi. Il decreto prevede inoltre la possibilità di riservare una parte dell’offerta ai dipendenti del gruppo, ai quali potranno peraltro anche essere accordati degli incentivi all’acquisto.
Situazione analoga per Enav. L’amministratore unico Massimo Garbini, nominato al timone da Mario Monti, ha risollevato le sorti
Sono quattro i miliardi che si attendono dalla vendita di Poste, solo uno invece per quanto riguarda Enav. Cinque miliardi in totale, che nella loro interezza dovrebbero andare a ridurre il debito pubblico di un misero 0.25%. Ammesso che questa sia la loro destinazione, il risparmio complessivo in termini di interessi sarebbe pari, nella migliore delle ipotesi, a circa 150 milioni l’anno. Questo a fronte di una rinuncia a utili per almeno 400 milioni. Ancora una volta, un pessimo affare.
Filippo Burla