Roma, 9 nov – «Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato». Così la Costituzione della Repubblica, articolo 33, comma terzo. Non servono approfonditi studi in materia di diritto per sapere che la carta costituzionale non è legge immediatamente applicabile ma ha bisogno di decreti attuativi o, al più e secondo una logica di buon senso, che le leggi ordinarie dello Stato vi si adeguino.
Non sembra tuttavia essere così per quanto riguarda i contributi alle scuole paritarie. Istituti che nascono al di fuori del perimetro pubblico ma che di risorse dello Stato beneficiano a piene mani, nonostante l’esplicito divieto sancito dalla legge fondamentale. Sono infatti in dirittura d’arrivo i decreti ministeriali che distribuiscono alle regioni i 223 milioni di fondi stanziati dalla scorsa legge di stabilità. Più nello specifico, il riparto vede svettare prima in classifica la regione Lombardia, con 54 milioni, al secondo posto la Campania con 29 e a seguire le altre.
La presenza del rifinanziamento annuale in legge di stabilità non deve però trarre in inganno. Non si tratta di misure una tantum. Per il 2014 è infatti stanziata una cifra analoga a quella ripartita quest’anno e, in secondo luogo, i fondi per le scuole paritarie sono erogati in virtù di una previsione normativa. Le legge è la 285 del 28 agosto 1997 (governo Prodi, ministro Luigi Berlinguer) che affrontando genericamente il tema del diritto allo studio apre generosamente le tasche dell’erario. Non v’è dubbio che la formulazione abbia trovato un consenso bi-partisan, dato che la sequela di governi successivi, dal centrodestra al centrosinistra, passando per i tecnici e le larghe intese, non ha mai deciso di intervenire in senso contrario.
Filippo Burla