Home » Reddito di inserimento o di cittadinanza: armi spuntate contro la povertà

Reddito di inserimento o di cittadinanza: armi spuntate contro la povertà

by Salvatore Recupero
1 commento

Roma, 29 mar – La povertà non dovrebbe far più paura agli italiani. Nonostante i dati forniti da numerosi centri studi sul dilagare dell’esclusione sociale, mai come oggi fioccano le proposte a sostegno dei meno abbienti. Iniziamo ad analizzare la misura di contrasto alla povertà voluta dal governo Gentiloni: il Reddito di Inclusione (REI).
Secondo la definizione fornita dall’Inps, “il REI si compone di due parti: un beneficio economico, erogato mensilmente attraverso una carta di pagamento elettronica (Carta REI) e un progetto personalizzato di attivazione e di inclusione sociale e lavorativa volto al superamento della condizione di povertà”. Esso è destinato alle famiglie in difficoltà (con un Isee sotto i sei mila euro l’anno) che ricevono un importo di 180 euro al singolo fino a 540 euro per chi ha più di cinque figli. Ieri è stato fatto un primo bilancio su questo provvedimento: “Le persone beneficiate da misure di contrasto alla povertà sono nel primo trimestre 2018 quasi 900mila e sette su dieci dei beneficiari risiedono al Sud”. Questo è quanto si legge nell’Osservatorio statistico sul reddito di inclusione presentato oggi dall’Inps e dal Ministero del Lavoro secondo il quale sono stati coinvolti dal Rei (Reddito di inclusione) 316.693 persone (in 110 mila famiglie) mentre altre 47.868 persone (in 119 mila famiglie) sono state interessate dal Sia (il sostegno di inclusione attiva). Il presidente dell’Inps Tito Boeri non nasconde il suo entusiasmo: “Cumulando il Sia, il Rei e le misure regionali di contrasto alla povertà abbiamo raggiunto quasi 900 mila persone. Possiamo dire che in Italia un reddito minimo c’è”.
Non tutti però sono ottimisti come Boeri. Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori, ha sottolineato che “i dati di oggi attestano che finora la misura di contrasto alla povertà ha raggiunto appena il 15,5% delle famiglie in povertà assoluta, pari ad 1 milione e 619 mila famiglie, ed il 18,3% degli individui poveri, pari a quattro milioni e 742 mila. Senza contare che l’importo medio mensile, pari a 297 euro, è talmente basso che non è nemmeno sufficiente per far uscire i beneficiari dalla soglia della povertà assoluta”.
La scarsa efficacia del nostro welfare non dipende solo dal quantitativo delle risorse stanziate. Una recente inchiesta del Corriere della Sera ci mostra come in Italia esistano già circa sessanta misure assistenziali diverse. Un fiume di denaro pubblico che si perde in mille rivoli: Social Card, la Carta Sia, i contributi per le bollette luce e gas, il bonus straordinario per le famiglie, il bonus bebè, gli 80 euro”.  Solo per citare i più conosciuti. Purtroppo però i poveri aumentano in maniera direttamente proporzionale alle risorse stanziate per il contrasto all’esclusione sociale. Un paradosso che dovrebbe far riflettere.
Invece c’è chi, come il Movimento Cinque Stelle, continua ad alzare la posta proponendo il reddito di cittadinanza. Si tratta di un sussidio verrebbe versato a disoccupati o a lavoratori che percepiscono un reddito basso a patto che essi si mettano a disposizione di un centro d’impiego. La proposta dei pentastellati viene spesso criticata perché avrebbe un impatto troppo pesante sui nostri conti pubblici. La vera nota dolente del cavallo di battaglia dei grillini, però, riguarda i centri per l’impiego. I Cpi, infatti, non possono per carenze infrastrutturali (manca una struttura informatica centralizzata) e di organico sopperire alla mole di lavoro che dovrebbero svolgere qualora fosse approvato il reddito di cittadinanza. Ad oggi i dati parlano chiaro: circa il 75% degli iscritti è disoccupato da oltre un anno. Al Sud la percentuale sfiora l’80%. E tra gli occupati, solo il 3% ha trovato il proprio posto grazie ai servizi dei centri per l’impiego. In pratica, Di Maio&Co hanno promesso agli italiani una crociera avendo a disposizione un canotto. Il problema, però, è un altro: in Italia manca il lavoro. La crescita economica non nasce dai sussidi, bensì da investimenti pubblici mirati allo sviluppo della comunità nazionale.
Salvatore Recupero

You may also like

1 commento

Cesare 30 Marzo 2018 - 1:43

L’articolo illustra molto bene come la proposta m5s era assistenzialista e a fini elettorali.Cosa che sapevano benissimo.Grillo dice che il lavoro verrà superato perchè ci sono i robot.Siamo a questo livello di demenza e poveri italiani che credono che Grillo sia un genio.Comunque la prossima volta i voti è meglio che se li produca con la stampante 3D che da come dice ci cambierà la vita

Reply

Commenta

Redazione

Chi Siamo

Il Primato Nazionale plurisettimanale online indipendente;

Newsletter

Iscriviti alla newsletter



© Copyright 2023 Il Primato Nazionale – Tutti i diritti riservati