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Almaviva: a Palermo il colosso dei call center dichiara 1.600 esuberi

by Salvatore Recupero
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Palermo, 20 lug- Si respira una grande apprensione tra i dipendenti palermitani di Almaviva. Il colosso dei contact center ha annunciato 1.600 esuberi (su un totale di 2.800 lavoratori). L’azienda lamenta un consistente calo delle commesse. I dati del primo semestre del 2019 comunicati ai sindacati sono sconcertanti: 5,7 milioni di euro di perdita. Lo spettro di un licenziamento di massa comincia a serpeggiare tra le maestranze. Quando il gruppo di Alberto Tripi annuncia l’apertura di un processo di mobilità c’è poco da stare sereni. Tutti ricorderemo quando a Natale del 2016 l’azienda aveva chiuso la sede di Roma lasciando a casa 1.666 persone. Torniamo ora però al capoluogo della Trinacria. Davvero questa notizia ha colto tutti di sorpresa? Diciamo di no. Facciamo un piccolo passo indietro.

Una spada di Damocle sui lavoratori di Almaviva

Esattamente un anno fa Andrea Antonelli, numero uno del colosso dei contact center scriveva agli amministratori locali un accorato appello. Da quella missiva si capiva che il destino dei lavoratori palermitani fosse segnato. Almaviva lamentava che: “Sul centro operativo di Palermo ad oggi sono prevalentemente concentrate attività per cinque importanti clienti tutte in fase di rinnovo contrattuale. Tuttavia, il continuo calo dei volumi e il livello raggiunto dalle tariffe, in alcuni casi ben al di sotto del puro costo del lavoro, seguitano a generare consistenti perdite mensili e una dimensione di esuberi dal carattere ormai strutturale”. Alla fine della lettera vi era una fosca previsione: “La dimensione degli esuberi, è destinata ad aumentare in termini significativi entro la fine del corrente anno”. Cosa rimproverare al management? Forse l’eccessivo ottimismo.

La levata di scudi dei sindacati 

La risposta dei sindacati non si è fatta attendere. Giovedì scorso, infatti, i lavoratori sono scesi in piazza per opporsi alla prospettiva di licenziamento: un presidio, organizzato da Slc Cgil, Fistel Cil, Uilcom e Ugl in contemporanea col tavolo convocato al Mise sui call center, davanti alla sede della Prefettura di Palermo. Nonostante l’appoggio dei rappresentanti degli enti locali, la trattativa è ancora in alto mare. Secondo il segretario generale Slc Cgil Palermo, Maurizio Rosso “Non si intravede ancora nessuna soluzione per risolvere il dramma dei 1600 esuberi”.

Ancor più duro è l’attacco del segretario nazionale Ugl Telecomunicazioni, Stefano Conti: “Si continuano a convocare, sconvocare, riconvocare al Mise senza potersi avvalere della presenza preziosa del ministro dello Sviluppo economico e del Lavoro, Luigi Di Maio, ai tavoli sui Call Center. Tutto ciò mentre le aziende del settore sono alle corde e migliaia di posti di lavoro rischiano di essere bruciati”. Conti, però non si limita a criticare lo status quo. Nel suddetto comunicato stampa sono evidenziate le cause di questa vertenza.

La precarietà non si sconfigge con un contratto a tempo indeterminato

Purtroppo la piaga della precarietà dei lavoratori dei call center, non si combatte solo con un contratto a tempo indeterminato. Le aziende come Almaviva lavorano sulla base di commesse assegnate loro con gare d’appalto. Qui scatta il meccanismo del massimo ribasso. Trattandosi di servizi (ad esempio un servizio clienti) l’unica leva su cui poter competere è il costo del lavoro. Le gare si ripetono a scadenza annuale. Non sempre c’è un solo vincitore. Spesso, infatti, i grandi committenti puntano su due o tre aziende che faranno a gara per mantenere i prezzi più bassi. La contrattazione collettiva, però, blocca questo meccanismo di selezione darwiniana. Quindi, per superare quest’ostacolo le aziende delocalizzano in paesi, dove la manodopera è a basso costo come l’Albania o la Romania.

Questi problemi sono noti ai politici e anche agli addetti ai lavori. Ciò che manca è la volontà politica di invertire la rotta. Come sottolinea Conti: “Il lavoro c’è, ma prende strade diverse da quelle nazionali. Le tabelle di riferimento del costo del lavoro del singolo operatore esistono ma quasi nessuna azienda committente le applica per davvero. Ecco perché di tempo per aspettare risposte non ne abbiamo più. E meno di noi – conclude – i lavoratori di Almaviva Palermo”.

In ballo, dunque, non c’è una semplice vertenza, ma una nuova visione della politica economica che mette al centro l’interesse nazionale. Riuscirà il governo del cambiamento ad essere all’altezza di questo compito? Vedremo. Intanto, l’assenza del ministro Di Maio non lascia ben sperare.

Salvatore Recupero

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