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La protesta non è di sinistra? La preside occupa la scuola contro gli studenti

by Rolando Mancini
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scuola occupata-Chieti, 12 dic – “Scuola occupata…dalla preside”. Questo il testo dello striscione che campeggiava ieri nel cortile del liceo classico G.B. Vico di Chieti, messo lì dalla preside in persona, la professoressa Giuseppina Politi. “Lo striscione – afferma – è una provocazione per discutere con gli studenti” e per metterli in guardia dai “cattivi” del Blocco Studentesco, che pochi giorni primi avevano organizzato, insieme agli studenti di quattro istituti teatini, un corteo contro la “buona scuola” targata Renzi.

“Dietro questa protesta ho visto la manipolazione del Blocco studentesco, gruppo cittadino che fa capo a CasaPound. Da dirigente e garante del diritto allo studio non posso permettere a gruppi di estrema destra di entrare in una scuola dove si fanno seminari e si studia la Costituzione.”

Aggiungendo poi di non essere contraria alle autogestioni o occupazioni in quanto tali: “Al liceo artistico Nicola da Guardiagrelel’altra scuola che dirige assieme al classico e al convitto – i ragazzi hanno organizzato laboratori alternativi all’interno dell’orario scolastico. Non si ciondola per i corridoi e i più grandi hanno usato quelle ore per prepararsi agli esami di maturità”.

Il corteo che ha sfilato per le vie di Chieti contro la scuola del governo <renzi

Il corteo che ha sfilato per le vie di Chieti contro la scuola del governo Renzi

Quindi non è una questione di principio, criticabile o meno, quella di opporsi a forme di protesta come le autogestioni, ma una questione squisitamente politica: gli studenti di sinistra possono fare autogestione, i ragazzi del Blocco studentesco no. E non importa alla preside Politi il fatto che il giorno prima di questa sua “messa in guardia” mille studenti sfilassero insieme ai giovani di CasaPound senza problemi di sorta, senza paraocchi ideologici, senza pregiudizi politici.

Professori che nella maggior parte dei casi, negli anni ’70 scandivano nelle piazze slogan come “vietato vietare”, oggi si ergono quindi a paladini delle regole, della Costituzione, dell’”ordine costituito” e, ancor peggio, a dispensatori di patenti di agibilità politica.

Resta da capire come quelli sostenuti e incoraggiati da presidi, professori, sottosegretari all’Istruzione e salotti buoni abbiano ancora il coraggio di definirsi ribelli. Ma questa è un’altra storia.

Dimitri Sibio

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