Roma, 15 gen – È tornata a far sentire la sua voce Alma Shalabayeva. Madre coraggio e sposa fedele del democratico kazako Mukhtar Ablyazov. Il 9 gennaio il tribunale di Aix en Provence si è pronunciato dando il via libera per l’estradizione in Russia di Ablyazov. Dopo poche ore le agenzie di tutto il mondo battevano la notizia. Con solerzia venivano riportate le dichiarazioni della signora: “Questa Corte vuole inviare Ablyazov, un rifugiato, dritto nelle mani delle persone da cui dovrebbe essere protetto”. Ma, cosa ha fatto di male quest’uomo per essere così perseguitato? Ha combattuto con Nursultan Äbişulı Nazarbaev, presidente della Repubblica del Kazakhstan, per molti un tiranno senza scrupoli. Un tempo, però, i rapporti tra il tiranno e il partigiano furono strettissimi.
Nel 1997 Äblyazov, a soli 34 anni, riceve l’incarico di guidare la compagnia elettrica di stato del Kazakihstan. Dal 1998 al 2001 sarà Ministro dell’energia, dell’industria e del commercio. Nel 1998 insieme ad una cordata di ricchi imprenditori acquista in un’asta pubblica la Banca Turam Alem. Nel 2001 si rompe l’idillio. Il giovane incorruttible Ablyazov si rende conto che la sua patria è in mano ad un gruppo di oligarchi disonesti. Sveglio, però, il ragazzo. Da allora non si dà pace. Insieme ad un piccolo gruppo di disinteressati patrioti, fonda partiti, finanzia giornali, radio e televisioni libere. Il martire, però, a differenza degli altri finiti e rimasti dietro le sbarre, accetta l’accordo con Nazarbayev: tornare a fare business lasciando perdere la politica. Il gentlemen agreement dura poco. Infatti, nel 2012 fu condannato per abuso di potere. Scapperà in Russia. Anche lì truffa parecchi risparmiatori. Difatti in Russia passerà qualche anno al fresco su decisione di un tribunale francese. La domanda cruciale, però, è un’altra. La condanna di un tiranno è sempre una sentenza politica? Vediamo un po’. Se Nazarbaev è stato per dieci anni il suo capobanda, il nostro martire era al massimo un bandito che voleva prendere il posto del boss. La cronologia dei fatti parla chiaro, e anche in diverse lingue.
L’Interpol fa notare che, nel 2008, l’autoproclamato leader dell’opposizione kazaka era ancora a capo della Bta, la terza banca del paese salvata dal governo di Astana da un buco di 10 miliardi. Nel 2011 l’alta corte di Londra lo condanna per appropriazione indebita per 5 miliardi di dollari. Lo scorso anno la giustizia inglese ordina ad Ablyazov di restituire 1,63 miliardi di dollari più gli interessi e gli confisca il passaporto.
Quindi, quest’uomo che ha distrutto una delle banche principali del suo Paese ed ha raggirato migliaia di risparmiatori potrebbe finire in galera? Che scandalo! Come si può consegnarlo nelle mani di questi aguzzini che mettono in galera gli uomini che hanno sete di giustizia?
Stringiamoci quindi come fa la Bonino accanto alla Shalabayeva contro questa infamia. Ma, visto che ormai la signora Äblyazov conosce l’italiano, ricordiamole pure che entrare in Italia con un passaporto falso è un reato. Si può essere democraticamente clandestini, ma le labbra siliconate non bastano per passarla liscia.
Salvatore Recupero