Roma, 11 feb – L’Italia è un paese di pedofili. Questo, almeno, è quello che abbiamo letto su diverse testate a commento di una recente indagine di Save the Children, spesso accompagnata dalla chiave “pedofilia” o alle classiche immagini terrorizzanti di bambini che si riparano da ombre minacciose (vedi foto, per l’appunto). Secondo il documento – il “rapporto choc”, per quasi tutti i giornali – l’incontro sessuale tra un minore e un adulto è ritenuto “accettabile” da oltre un italiano su tre (38%). Uno scenario che la stessa associazione definisce “molto inquietante”, citando anche i “sempre più numerosi episodi di interazione a sfondo sessuale tra minori e adulti, che spesso hanno trovato terreno fertile nella rete”.
La confusione è grande e come al solito si mescolano richiami a crimini sordidi con esperienze perfettamente normali, il tutto condito da un sulfureo sospetto per internet, dipinto come una grande prateria senza legge con pericoli a ogni angolo (che siano i prodromi dell’ennesima stretta alla libertà d’espressione?).
Ora, va da sé che i crimini sessuali nei confronti dei minorenni siano tra i delitti più disgustosi e deprecabili. Ma è davvero di questo che parla la ricerca? Ed è davvero questo che il 38% degli italiani ritiene legittimo? Non scherziamo. Il testo parla generalmente di “adulti” e “minori”. In altri casi di “adolescenti”. Siamo completamente nel vago e, in mancanza di altre specificazioni, dobbiamo dedurre che si faccia riferimento semplicemente a minorenni e maggiorenni.
Lo scandalo, quindi, consisterebbe nel fatto che per più di un italiano su tre i rapporti sessuali tra maggiorenni e minorenni siano accettabili. E quindi? Cosa c’è da rabbrividire? Davvero Save the Children e l’intera categoria giornalistica italiana ritengono che un sedicenne o un diciassettenne non siano soggetti sessualmente attivi o, al limite, che lo siano solo nella classica formuletta arcadica dei “fidanzatini”?
Esiste, ovviamente, un amplissima zona grigia in cui interazioni di questo tipo possono scadere nello “squallido” o nell’“inopportuno”, categorie che tuttavia sono difficilmente definibili e culturalmente connotate. Per catturare queste sfumature il sondaggio avrebbe dovuto essere meno grossolano e ben più preciso.
Se dal sondaggio si deduce – arbitrariamente – che un italiano su tre è un pedofilo, bisogna comunque dire che egli è in buona compagnia, dato che al suo fianco si schiera niente di meno che la stessa legge italiana.
In Italia, infatti, si configura il reato di atti sessuali con minorenni solo per rapporti con minori di 13 anni. Fra i 13 e i 14 anni i rapporti sono consentiti se commessi con un altro minorenne, purché la differenza di età tra i due soggetti non sia superiore a tre anni. Dai 14 anni in poi, salvo casi particolari (per esempio quando il fatto è compiuto da persona maggiorenne cui il minore è affidato per ragioni di cura, istruzione, educazione, vigilanza o custodia o, ovviamente, dal genitore, da un tutore etc), si entra nell’età del consenso. Esiste, certo, il caso della prostituzione minorile, che però è tutt’altro affare e non rientra nella casistica affrontata dal sondaggio.
Quegli intervistati fatti passare per mostri, quindi, sono perfettamente in linea con la legge italiana. Se sono pedofili loro, lo è anche il legislatore. Il che, a ben vedere, sarebbe stato un titolo di ancor maggiore impatto.
Giuliano Lebelli