Roma, 04 ago – Il contratto di espansione in Tim è riuscito a mettere d’accordo azienda e sindacati. In pochi confidavano nel lieto fine, ma alla fine le cose sono andate per il verso giusto. Il 2 agosto scorso Tim ha sottoscritto con il Ministero del Lavoro e le Organizzazioni Sindacali un accordo che prevede un nuovo strumento introdotto dalla legge n. 58/2019 (il contratto di espansione) che ha l’obiettivo di supportare i processi di sviluppo tecnologico delle imprese con più di 1.000 dipendenti. Dopo tanti anni, finalmente si parla di “percorsi di riqualificazione dei dipendenti finalizzati anche all’internalizzazione di attività”. Senza cedere a facili entusiasmi, dobbiamo registrare questo importante cambio di rotta. Vediamo perché.
La “sfida dell’espansione” passa anche dai contratti collettivi
Per comprendere quanto è avvenuto due giorni fa è necessario analizzare il contenuto del decreto Crescita. In particolare l’articolo 26-quater introduce il contratto di espansione. Si tratta di una misura sperimentale della durata biennale, che mira a favorire le modifiche strutturali nelle imprese attraverso la stipula di un contratto in sede ministeriale. In sintesi, a fronte di uscite anticipate, prevede l’assunzione di nuove professionalità. Questo strumento è applicabile nelle aziende con un organico superiore a 1000 unità lavorative, nell’ambito di processi di reindustrializzazione e riorganizzazione, con modifiche totali o parziali dei processi aziendali, che comportano l’esigenza di modificare le competenze professionali in organico per un più razionale impiego, prevedendo in ogni caso l’assunzione di nuove professionalità. La misura è stata fortemente voluta dal sottosegretario al Lavoro Claudio Durigon.
L’obiettivo è duplice: da un lato si favorisce il ricambio generazionale e dall’altro si investe sulla formazione continua dei dipendenti. C’è, infatti, uno scambio tra pensionamento anticipato e nuove assunzioni. Rispetto a quest’ultimo profilo, ai lavoratori che si trovino a non più di 60 mesi dal conseguimento del diritto al pensionamento il datore di lavoro riconosce, (per il periodo e fino al raggiungimento del primo diritto a pensione) un’indennità mensile commisurata al trattamento pensionistico lordo maturato dal lavoratore alla cessazione del rapporto di lavoro. È bene però ricordare che non ci troviamo di fronte ad un mero strumento assistenziale. La parte più significativa riguarda la formazione continua dei dipendenti: una spinta verso l’internalizzazione rispetto alle politiche di outsourcing degli ultimi anni.
La soddisfazione di Tim
Nel comunicato stampa dell’azienda guidata da Luigi Gubitosi si sottolinea: “La natura espansiva della nuova misura prevista dalla legge che consentirà a Tim, in un equilibrio di efficienza e sviluppo dell’azienda, di tornare ad assumere e far fronte all’esigenza di reperire nuove professionalità richieste dalla trasformazione industriale in corso, in gran parte dovuta alla rivoluzione del 5G, prevedendo in aggiunta al programma di assunzioni per il periodo 2019/2020 l’impegno a realizzare un progetto di importante investimento per la formazione e riqualificazione del personale già impiegato in azienda. Tale progetto accompagnerà il percorso di riorganizzazione, valorizzando e aggiornando le competenze esistenti, sostituendo quelle obsolete, sviluppandone di nuove e riconvertendo parte del personale per impiegarlo anche su attività oggi svolte all’esterno”. Speriamo che alle parole seguano i fatti.
Il pauso delle parti sociali
I rappresentanti dei lavoratori hanno salutato con favore quest’accordo. In particolare Stefano Conti, segretario nazionale dell’UGL Telecomunicazioni, da sempre in prima linea contro esternalizzazioni e delocalizzazioni. Conti ha accolto positivamente “l’accordo che prevede un articolato piano di formazione certificata, di riqualificazione professionale ed internalizzazioni di attività e l’assunzione di 600 giovani a fronte di una riduzione di orario di lavoro per un massimo di 22 giornate nell’arco di 17 mesi. Si tratta di un accordo che possiamo definire di settore, per le novità che introduce, e soprattutto per il grande coinvolgimento e partecipazione delle Organizzazioni Sindacali in tutto il processo riorganizzativo e di indirizzo di sviluppo aziendale. Un settore, quello delle Tlc – conclude il dirigente sindacale -, che a causa della riduzione delle marginalità complessive e con l’introduzione di nuovi scenari tecnologici come l’intelligenza artificiale richiede risposte adeguate e tempestive”.
Ovviamente, ora, spetterà al governo e alle parti sociali vigilare sul rispetto degli impegni presi. Intanto, però, prendiamo atto che Telecom Italia recependo l’invito del Ministero dello Sviluppo Economico e del Lavoro e delle Politiche Sociali, assumerà 600 dipendenti (ne erano previsti 500) oltre al coinvolgimento di tutti i dipendenti nel progetto di formazione e riqualificazione. Finalmente, si parla di Tim senza tirare in ballo i giochetti dell’alta finanza. Il tema del lavoro è tornato ad essere centrale. Speriamo quindi, che, in futuro, sia questo l’approccio alle vertenze che interessano le grandi aziende italiane.
Salvatore Recupero