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“Wet Shoes”, operazione anti-immigrazione clandestina: tutti i legami con il terrorismo

by Alberto Celletti
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Roma, 31 gen – Si chiama “Wet Shoes” l’operazione contro l’immigrazione clandestina coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Ancona. Il favoreggiamento della clandestinità, in verità, sta dimostrando di avere una proezione internazionale, considerato anche da dove prende le mosse l’inizio dell’indagine.

Wet Shoes e favoreggiamento di immigrazione clandestina

L’operazione è vastissima, partita dalla Polizia e diretta ad una organizzazione criminale dedita al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Dalle oltre 40 perquisizioni effettuate in tutta Italia, finora, si è arrivati all’arresto di tre tunisini: due di loro sono in caercere, il terzo agli arresti domiciliari. Le indagini si stanno concentrando anche sul versante finanziario dell’organizzazione. L’azione “Wet Shoes” contro la clandestinità, però, parte da lontano. Per essere precisi, da oltre sei anni fa. Da quella Germania nel mirino del terrorismo a causa di attentatori passati anche per il nostro territorio.

Il collegamento tra clandestinità e terrorismo

L’operazione nasce dalle indagini sugli attentati di Berlino del 19 dicembre 2016 che, come è noto, coinvolsero un camion polacco rubato in Piemonte: il veicolo si “lanciò” nel mercatino di Natale di Breitscheidplatz, nei pressi di Kaiser-Wilhelm-Gedächtniskirche, nel quartiere berlinese di Charlottenburg, investendo decine di persone e provocando 12 morti e 56 feriti. Alla guida di quel camion c’era Anis Amri, appartentente alla rete salafitica “La vera religione”, il quale venne ricercato ossessivamente per diverso tempo, prima di  essere ucciso in Italia, a Sesto San Giovanni, durante un controllo delle forze dell’ordine alla stazione ferroviaria locale. Negli anni successivi, comunque, le indagini sulla stessa scia si sono moltiplicate. Nel 2018 altri cinque uomini legati alla rete di Amri vennero arrestati, mentre nel febbraio 2021 scattarono le condanne per tre di loro, ovvero Akram Baazaoui, Dhiaddine Baazaoui e Rabie Baazaoui. L’organizzazione riceveva informazioni sugli sbarchi nelle coste siciliane direttamente dalla Tunisia, per poi occuparsi di come far arrivare gli immigrati clandestini nell’Italia continentale (Napoli e dintorni) per poi “trasportarli” irregolarmente in Francia o Germania. Il tutto corredato dal “servizio completo” di procurare loro documenti falsi e alloggi.

Alberto Celletti

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