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Da Vasco Rossi a J Ax, ecco i ribelli dello spettacolo: “cattivi” solo coi no green pass

by Ilaria Paoletti
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vip green pass

Roma, 14 ott – I nuovi nemici dei vip italiani sono i no green pass, o “no vax” come amano chiamarli loro facendo di tutta l’erba un fascio. Da Vasco Rossi a J Ax, la nuova frontiera del ribellismo rassicurante è quella che spalleggia il governo Draghi. Un tempo l’artista contestava l’establishment, adesso lo appoggia. Un tempo l’artista si poneva domande su chi rimaneva fuori dalla narrazione “dominante”, ora partecipa al linciaggio mediatico di chi oppone posizioni diverse. Ma il loro orticello, badate bene, se lo guardano bene: l’unica protesta che hanno azzardato è quella sui concerti. 

Green pass, lavoratori in piazza e Vasco bercia sulla scienza

Vasco Rossi, ex ribelle ed anche ex rocker, a differenza di Francesco De Gregori, non è criptico e di certo più banale. Il suo nemico sono i populismi, Salvini, Meloni e i no vax.  “Il no vax pensa che ci sia un complotto perché tutto deve avere un motivo, non riesce ad accettare che sia un caso ma pensa ci sia dietro qualcosa – ha detto Vasco Rossi – Provi a parlarci ma non puoi convincerlo, lui è convinto di quello e ha bisogno di crederlo perché la sua testa è così”. “Io – ha sottolineato Vasco Rossi – credo nella scienza, se ho mal di denti prendo un antidolorifico. Non vado a parlare con un santone. La mia posizione la conoscete, ho obbligato a mettersi la mascherina chi veniva davanti casa mia a prendersi l’autografo, tutto qua ma io non consiglio niente”. Insomma, da fronte del porto a king dei boomer, ci manca poco che ci consigli di non rimanere troppo davanti al frigo aperto. Una parola per lavoratori, signor Rossi? Pronto?

J-Ax, che vuole mettere sotto i no vax

J-Ax ha avuto il Covid, qualora non lo sappiate, anche se è difficile che non ne siate venuti a conoscenza perché l’ha detto praticamente in ogni intervista. L’esperienza l’ha lasciato con due cose: “Primo, un pesante odio verso i no vax con cui al momento non ho voglia di dialogare, ma al massimo di stirarli in auto. Secondo una regressione da ateo a religioso, nel senso che sono tornato a recitare quelle preghierine imparate da bambino, il Padre nostro, l’Ave Maria e l’Angelo custode”. Bene, immaginate se con lo stesso candore qualcuno, ad esempio Enrico Ruggeri, avesse confessato di voler investire chi si vaccina. Sarebbe stata invocata la Costituzione, l’Unione Europea, la Nato e pure la Uefa. 

La campagna per tornare ai concerti – ma solo col green pass

I vari vip italiani stanno dimostrando un’indifferenza adamantina nei confronti dei lavoratori che stanno contestando governo e green pass in questi giorni. Però, da Fedez a Mahmood (Salmo escluso, ricordate?) quando c’è stato da alzare la voce per i propri diritti lo hanno fatto eccome. Il marito della Ferragni ha raccolto soldi per i lavoratori dello spettacolo – si, lo stesso che dal palco del Primo Maggio se la prendeva con la Lega mentre fa le marchette per Amazon – e ha armato una rispettosissima contestazione contro il governo Draghi. E come? E’ iniziata dicendo si al green pass per i propri concerti, sperando di riavere così la capienza totale agli eventi. Quando ciò non è accaduto, se la sono presa persino con Conte e i suoi bagni di folla elettorali, perché a loro avviso i concerti sono più importanti del voto – quelli a pagamento, chiaramente. “Perché lui sì e noi no? Vogliamo spiegazioni e intanto il nostro settore sta ancora aspettando”, piangeva Mahmood.

Poveri lavoratori dello spettacolo … e gli altri ?

In breve, i cantanti italiani (e aggiungiamo all’elenco anche Laura Pausini, Francesca Michielin, Ermal Meta per dirne alcuni), non si sono opposti al green pass: loro vogliono che lo abbiamo per accedere ai loro concerti, ai loro concerti vogliono solo i vaccinati e sti cavoli di chi rimane fuori. A loro interessa che si ricominci a pagare il biglietto d’ingresso e che lo si faccia in tanti  e dicono di farlo per i “lavoratori dello spettacolo”. Toh, guarda caso, anche loro “lavorano nello spettacolo”. Guardano nel loro giardino (o nella loro platea vuota) invece di capire, con le loro sensibilità in teoria più acute, che fuori c’è un mondo in lotta per portare il pane in tavola ma che non per questo rinuncia al diritto al lavoro in mancanza di un codice Qr. Anzi, piuttosto il lavoro lo mette a rischio. Scendessero in piazza, invece di cercare di riempirle.

Ilaria Paoletti

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