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Sciocchi luoghi comuni e cliché: “Ragazzo di destra” è un capolavoro del cringe

by Michele Iozzino
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Colapesce e Di Martino

Roma, 27 ott – Si intitola “Ragazzo di destra” ed è il secondo singolo del duo Colapesce e Di Martino, estratto dal nuovo album “Lux eterna beach”, una canzone che vorrebbe fare la parodia di cosa significa essere di destra ma finisce per mettersi imbarazzo da sola

“Ragazzo di destra” di Colapesce e Di Martino

C’è chi la acclama, ovviamente su Repubblica – perché “descrive uno spaccato sociale in modo poetico e crudo, senza mai giudicare” ed è “un racconto senza morale che fotografa un Paese diviso in opposte fazioni che però si ritrovano sotto il comune denominatore dell’incomunicabilità e della paura”; o chi, come Camillo Langone sul Foglio. la stronca: “mi viene voglia di iscrivermi a CasaPound”, tanta è “la spocchia, la saccenza, la supponenza emanate dal duo siciliano”. Ma “Ragazzo di destra” è talmente melensa e ricca di stereotipi da non essere nemmeno satirica, è invece un capolavoro del cringe (chissà se volontario o meno). Sembra di assistere a uno sketch di Valerio Lundini, dove la pretesa serietà di situazioni assurde porta inequivocabilmente alla risata. L’effetto straniante di frasi come “Posa il manganello e prendi un fiore” o come “Mordi questo zucchero filato / Oggi che è festa / Ragazzo di destra” diventa comico non quando pensiamo a una qualsiasi militante della destra radicale o meno, ma se piuttosto pensiamo a un Berizzi qualunque.

Un capolavoro del cringe

Colapesce e Di Martino ci hanno spesso abituati a canzoni autoironiche, rese ancora più spiazzanti dalle loro atmosfere serafiche e melense. Se l’intento di “Ragazzo di destra” dovesse essere solamente quello di mettere insieme cliché da Studio aperto e cose buffe, tipo “Amore, ti difenderò col tirapugni d’oro / Mi darai un figlio naturale la notte di Natale”, sarebbe alquanto deludente. Così come una seconda lettura che vorrebbe il fantomatico ragazzo di destra come una persona che vuole apparire forte per nascondere le proprie fragilità interiori, testimoniata da frasi del genere: “C’è un bambino dentro di te che è ancora convinto di dover dimostrare / A costo di farsi male”. Non vale nemmeno l’intento dissacratorio per far indignare chi effettivamente è di destra, perché la canzone non tocca nessuna corda profonda o senso di appartenenza. Non c’è neanche quel minimo di realtà (e di invidia) presente in una canzone per certi versi simili come “I pariolini di 18 anni” de I Cani. Insomma, l’unica cosa che si può fare con “Ragazzo di destra” è ridere del fatto che l’antifascismo sia ancora una faccenda da vecchie zitelle.

Michele Iozzino

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