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Dall’esodo alla Serie A: la tormentata storia di Erminio Bercarich

by Marco Battistini
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Roma, 11 feb – Susgnevizza è un piccolo insediamento dell’Istria orientale. Già conosciuto con il nome di Valdarsa fu – nel quarto di secolo intercorso tra il 1922 e il 1947 – capoluogo dell’omonimo comune. Siamo nella vecchia provincia italiana di Pola: nel tragico contesto dell’esodo fuggì dalla sua terra anche Erminio Bercarich. Professione attaccante, colorò la sua (seconda) vita di amaranto e rossoblu.

Dalle prime reti in Istria alla Reggina

Il nostro nasce nel novembre 1923 proprio nella Frascati istriana, tirando i primi calci in quel famoso triangolo immerso nell’Alto Adriatico. Gioca per l’Eneo – piccola squadra della Sezione Propaganda – prima di passare alla Littorio, altra compagine iscritta ai campionati provinciali.

Tutto cambia con gli avvenimenti del secondo conflitto mondiale. Come sappiamo, la sconfitta militare trascina nel dramma tanti nostri connazionali. L’esodo giuliano dalmata porta la famiglia Bercarich lontano da casa: dall’Amarissimo allo Stretto, oltre mille chilometri di distanza. Qui il centravanti viene tesserato dalla Reggina, allora in Serie C. In Calabria rimane quattro stagioni (1945-1949), mettendo a segno 66 reti in un’ottantina di presenze. La “Stella del Sud” – questo il suo soprannome – è pronta per altri palcoscenici.

Dall’esodo ai gol: Bercarich incanta Cagliari

Alto, forte, possente, forse un po’ dinoccolato. Fisico da corazziere e senso del gol, il saper addomesticare il pallone insieme alla capacità di saltare l’uomo. Tutte queste caratteristiche portano l’avanti istriano in Serie A, ma la chiamata del Venezia è solo un fugace riavvicinarsi alla propria terra. La non esaltante stagione in laguna (appena 4 centri) è seguita ancora dalla terza serie. A Prato le reti avversarie tornano a gonfiarsi, 27 volte nell’unica annata toscana.

Eccolo quindi a Cagliari. In Sardegna rimane un biennio: conquista sul campo la cadetteria, facendo superare al pallottoliere le quattro decine. Sull’isola che sarà devota a Gigi Riva, si conferma tanto devastante sul rettangolo verde quanto poco professionale al di fuori del contesto domenicale. Campari e sigarette, bella vita e gioco d’azzardo. Si allena poco e male, riscuote in tempo reale – leggenda vuole arrotolando la banconota nei calzettoni – i premi che il presidente Loi gli concede.

Il ritorno a Reggio Calabria

Nonostante l’indiscutibile rendimento, il tecnico Allasio mal sopporta lo stile di vita del cannoniere. Ormai trentenne, passa quindi al Legnano. Con i lilla lombardi è di nuovo nella massima categoria. Dall’esodo al professionismo del pallone italiano, Bercarich si avvia verso fine carriera. Gioca per la romana Chinotto Neri, quindi  con la maglia della Carbosarda – espressione calcistica di Carbonia, città di fondazione.

Prima di appendere gli scarpini al chiodo però c’è il tempo per un romantico ritorno in quel di Reggio Calabria. Consolida il personale primato di reti della realtà calabrese – in totale 75 – aggiudicandosi anche quello di marcature nei derby contro il Messina (6). Allargando il raggio statistico a tutta la Serie C, occupa la quarta posizione per numero di gol segnati. Come se il dramma dell’esodo non fosse bastato, la tormentata storia di Erminio Bercarich si conclude nel ‘68 tra sofferenze economiche e problemi fisici. Sono i vizi che chiedono il conto. Dimenticato, forse da tutti. Ma non dalla sua seconda casa: lo Stadio Granillo, un tempo teatro del suo vigore agonistico, si trova nella via a lui oggi dedicata.

Marco Battistini

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