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Europa League, la maledizione dagli undici metri. Ma a Budapest la storia non finisce mai

by Marco Battistini
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Roma, 1 giu – “Avanti ragazzi di Buda, avanti ragazzi Pest” è l’incipit di una notissima canzone negli ambienti di certa “destra” (se così vogliamo chiamarla), inno antisovietico dedicato alla rivoluzione ungherese del 1956. Tagliata in due dalle acque del Danubio, la capitale mitteleuropea, riunisce le città che formano il nome – Budapest, appunto – con il terzo abitato, Obuda. Quest’ultima, fondata dai romani con il nome di Aquincum, fu un importante centro della provincia pannonica. A pochi chilometri dal fiume navigabile più lungo di tutto il continente si trova la Puskas Arena: ieri sera sul rettangolo verde dedicato al grande attaccante magiaro si sono intrecciate storia propriamente detta con le più recenti narrazioni calcistiche. Roma (ovviamente) e Siviglia, primatista di vittorie nel torneo, hanno dato vita alla cinquantaduesima finale di Europa League – o Coppa Uefa che dir si voglia. Una competizione che non parla italiano dal lontano 1999 e che – ancora una volta – ha arriso all’ormai infallibile compagine spagnola.

A Budapest con Dybala e la “solita” Roma da battaglia

Concentrato da diversi giorni esclusivamente su questa partita comunque storica (seconda finale europea consecutiva), Mourinho risolve i dubbi sulla formazione iniziale solo all’ultimo. Difesa titolare, Celik e Spinazzola sulle due fasce laterali. Chiavi del centrocampo affidate alle virtù guerriere di Cristante e Matic, con il recuperato Dybala e capitan Pellegrini a presidiare la trequarti. Davanti Abraham vince il ballottaggio con il generoso – ma in questi mesi davvero poco brillante sotto porta – Belotti.

Siviglia-Roma 1-1, i tempi regolamentari 

Ventimila anime giallorosse in Ungheria, Roma che interpreta la gara con il piglio giusto. Il possesso palla degli spagnoli non crea grattacapi dalle parti di Rui Patricio: brava la retroguardia capitolina a non concedere spazi negli ultimi sedici metri alle maglie bianche. Anzi è la Joya ad accendersi, dando il là ad un’azione chiusa da Spinazzola. L’azzurro trova però la pronta risposta di Bono (il portiere marocchino sarà il migliore in campo). Mezz’ora abbondante: Cristante recupera palla, la sfera arriva a Dybala, il cui mancino chirurgico porta in vantaggio la Magica. Esplode il settore riservato ai romanisti, così come oltre mille chilometri a sud-ovest il pienone dello stadio Olimpico. Si continua sulla stessa falsariga, il Siviglia infatti punge solo da lontano. A fine frazione Rakitic da fuori timbra il palo.

Secondo tempo, Mendilibar manda subito dentro Suso e Lamela – decisivi contro la Juve. Dieci giri di lancette e una leggerezza difensiva di Mancini (sfortunata deviazione di coscia nella propria porta) permette agli andalusi di impattare. Abraham e Belotti, subentrato proprio all’inglese, ci provano. L’estremo difensore avversario risponde presente, in mezzo Ibanez cicca clamorosamente il pallone del possibile 2-1. Sul fronte opposto occasione in pieno recupero.

Europa League, il Siviglia vince ai rigori

Nei supplementari a farla da padrone è la stanchezza, le poche energie rimaste vengono preservate per la lotteria dei rigori. Fisiologico, dopo centoquarantasei minuti di gioco, statisticamente la partita più lunga di sempre. I capitolini chiudono comunque in avanti, colpendo con Smalling la parte alta della traversa. Si va ai rigori. Dal dischetto Cristante non sbaglia, ma Mancini si fa parare il rigore e Ibanez spedisce sul palo. Perfette invece le quattro esecuzioni spagnole, con il rigore decisivo di Montiel fatto ripetere dopo l’errore iniziale. Un’altra beffa dagli undici metri, trentanove anni dopo la Champions League persa contro il Liverpool.

Budapest e l’insegnamento di Mourinho 

Settimo successo per il Siviglia. Pellegrini e soci non hanno rotto l’incantesimo che vuole i lavandini sempre vincenti nelle finali europee. Escono però a testa altissima dopo un’infinita battaglia e un arbitraggio alquanto discutibile. Inconsolabili le lacrime di Dybala e Bove, onorevole la scena dei giocatori giallorossi che vanno a ringraziare i tifosi arrivati fino in Ungheria per poi ricompattarsi attorno al loro condottiero José Mourinho.

Senza dimenticare la vicina Italica, sotto Giulio Cesare Hispalis – l’attuale Siviglia – diventò una delle zone più importanti dell’odierna Spagna. Un paio di millenni e spiccioli dopo ci ha pensato un uomo venuto dalla stessa penisola iberica a ricordarci di come un manipolo di uomini verticalmente uniti da un sentire comune possa arrivare a fare cose davvero grandi. Roma non ha vinto, è vero. Questione di dettagli: ma ora i figli della lupa hanno una consapevolezza totalmente diversa rispetto a un anno e mezzo fa. Necessario vincere, più necessario combattere.

Marco Battistini

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1 commento

bc 1 Giugno 2023 - 5:30

Gli undici metri per determinare un vincitore sono una involuzione da oratorio, nessuna maledizione. O pari, oppure si prosegue sino al primo goal fuori tempo. Altrimenti la squadra nel suo insieme perde di significato.

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