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L’Italia stende la Repubblica Ceca: se il buongiorno si vede dal mattino…

by Marco Battistini
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Roma, 5 giu – Ventisettesimo risultato utile consecutivo e ottava vittoria di fila senza subire gol. D’accordo, non sarà più quella di Nedved e Poborský, ma la Repubblica Ceca che l’Italia ha strapazzato è pur sempre una finalista dell’Europeo che prenderà il via venerdì prossimo con la sfida dell’Olimpico tra i nostri azzurri e la Turchia. L’amichevole di ieri sera, ultimo impegno prima della competizione continentale, ha riempito il taccuino del Mancio – che vede il record di Vittorio Pozzo a tre passi di distanza – con note positive.

Italia – Repubblica Ceca: la “prova generale” per l’Europeo

In quel di Bologna – terreno storicamente fortunato per la nazionale, nel capoluogo emiliano abbiamo raccolto, con questa, 16 vittorie, 3 pareggi e altrettante sconfitte – il cittì schiera quello che con ogni probabilità sarà l’11 contrapposto alla selezione ottomana. Quindi davanti all’inamovibile Donnarumma, tutta l’esperienza idi Bonucci e di capitan Chiellini. Florenzi da una parte e Spinazzola dall’altra a presidiare le corsie esterne. Il 4-3-3 vede in mediana un fresco campione d’Europa, l’oriundo Jorginho, la mezzala d’assalto Nicolò Barella e il sassolese Locatelli sul centro-sinistra. Davanti, tridente ben assortito: Berardi-Insigne-Immobile.

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E proprio dai nostri terminali offensivi arrivano le risposte più attese, con il numero 10 napoletano migliore in campo. La partita della Repubblica Ceca contro l’Italia dura un quarto d’ora o poco più. Giusto il tempo di prendere le misure – sia chiaro, da venerdì regalare anche solo 10 minuti agli avversari potrebbe fare la differenza in negativo – e la migliore condizione fisica azzurra rende tutto più facile. Il 4-0 finale è netto, senza storie, con due reti per tempo che raccontano di una gara a senso unico.

L’attacco risponde presente

Al minuto 23 l’episodio che “spacca” l’incontro. Immobile è lesto a lavorare una palla sporca, aggirare il diretto avversario e depositare la sfera alle spalle di Pavlenka. Il raddoppio è opera di Barella, che conclude un’azione personale con un destro dal limite. Il tiro, deviato da un difensore in maglia bianca, si trasforma in una parabola imprendibile.

Nella seconda frazione un Insigne in formato Lorenzo il magnifico regala numeri – delizioso il colpo di tacco nei pressi della linea laterale – il gol del 3-0 con un destro a giro, gesto tecnico tipico del suo repertorio, e l’assist per il poker di Berardi, che fredda l’estremo difensore con uno scavetto. Da segnalare infine l’esordio in nazionale maggiore di Giacomo Raspadori.

Una squadra completa

Difesa concentrata, centrocampo con la gamba giusta, attacco che vede la porta e in area sente l’odore del sangue. Fondamentale inoltre sarà l’affidabilità delle seconde linee: Bastoni è giovanissimo ma ha già in saccoccia uno scudetto da protagonista, Palmieri se è cercato da mezza Italia un motivo ci dovrà pur essere, Sensi e Verratti sono due potenziali titolari, Chiesa ha dimostrato di essere già un giocatore di caratura internazionale, Belotti porta in dote spirito di sacrificio e fiuto del gol. Ma l’uomo in più potrebbero rivelarsi proprio le scelte del Mancio, tutte in ottica di un gruppo responsabile e senza primedonne.

Ora si fa sul serio: porte imbattute, statistiche e record assumono un senso, prendono una forma, solo se associati a qualcosa di sostanzioso. Vero, manca un centravanti con un curriculum importante, ma la rosa presa nel suo complesso ha tutti i presupposti per arrivare in fondo. Al contrario, dare manforte alle ridicole tesi di quei “profili con nome esotico” sarebbe un vero peccato mortale.

Marco Battistini

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