Roma, 15 gen – L’indice Rt aumenta e sale a 1.09, così come aumenta il «rischio di una epidemia non controllata». E di conseguenza, rimane «la necessità di mantenere la drastica riduzione delle interazioni fisiche tra le persone». Che si traduce in più restrizioni, più divieti, prolungamenti del sistema a fasce colorate. E’ il quadro sull’emergenza coronavirus contenuto nella bozza del report di monitoraggio di Istituto superiore di sanità (Iss) e ministero della Salute sull’andamento dell’epidemia di Covid-19 in Italia.
Alto il rischio di epidemia “non controllata”
«Nel periodo 23 dicembre 2020-5 gennaio 2020 l’Rt medio calcolato sui casi sintomatici è stato pari a 1.09 (range 1.04-1.13), in aumento da 5 settimane», riporta l’Iss. «Un aumento complessivo del rischio di una epidemia non controllata e non gestibile nel Paese, dovuto a un aumento diffuso della probabilità di trasmissione di Sars-Cov-2 in un contesto in cui l’impatto sui servizi assistenziali rimane alto nella maggior parte delle Regioni e province autonome», scrive ancora l’Iss.
Cosa fanno Iss e ministero contro “l’epidemia non controllata”?
La domanda nasce quindi spontanea: a un anno di gestione dall’emergenza sanitaria, come è possibile che l’epidemia rimanga tutt’ora «non controllata»? Qual è il compito di Iss e del ministero della Salute se dopo un anno – un anno che ha portato l’Italia e gli italiani sull’orlo del baratro – non sono ancora state in grado di gestire le cifre del contagio, addossando la colpa a presunti comportamenti poco virtuosi degli italiani?
Le restrizioni natalizie hanno contenuto l’epidemia
«Questa settimana si osserva un peggioramento generale della situazione epidemiologica nel Paese», anche se, ammette l’Iss, le «misure di mitigazione adottate nel periodo festivo» hanno contenuto l’incidenza. L’incidenza è pari a «183,36 per 100.000 abitanti, in ulteriore lieve aumento». In aumento anche «l’impatto della pandemia sui servizi assistenziali, e questo si traduce in un aumento generale del rischio», si legge.
… Ma ci tocca rimanere a casa
Gli esperti confermano quindi «la necessità di mantenere la drastica riduzione delle interazioni fisiche tra le persone. E’ fondamentale che la popolazione eviti tutte le occasioni di contatto con persone al di fuori del proprio nucleo abitativo che non siano strettamente necessarie e di rimanere a casa il più possibile».
La situazione terapie intensive
«Sono 12 le Regioni e Province autonome che hanno un tasso di occupazione in terapia intensiva e aree mediche sopra la soglia critica (era 13 la settimana precedente). Il tasso di occupazione in terapia intensiva a livello nazionale continua a essere sopra la soglia critica (30%)». «Complessivamente, il numero di persone ricoverate in terapia intensiva è in lieve aumento da 2.579 (al 4 gennaio) a 2.636 (12 gennaio)».
Ad un anno di distanza dall’inizio della crisi sanitaria e nonostante il presidente Conte – non più tardi di settembre 2020 – avesse dichiarato che il Paese aveva superato la pandemia grazie ad un preciso «metodo», in realtà non si è stati in grado di aumentare i posti letto, potenziare le terapie intensive, coinvolgere i medici di base nei dispositivi di contrasto. L’unica cosa che emerge più alto degli improponibili toni allarmistici dell’Iss è il grido di dolore dell’economia e del tessuto sociale che porta a ulteriori, insostenibili limitazioni.
Cristina Gauri