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“Coronavirus, il 60% dei medici di base testati è positivo”. Il nuovo allarme da Bergamo

by Cristina Gauri
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Bergamo, 30 mar — C’è un nuovo allarme dalla Bergamo che lotta contro il coronavirus, e riguarda i medici di base. Sono iniziati infatti i tanto invocati e tanto attesi tamponi da eseguire sulla categoria, e i risultati appaiono preoccupanti.

Rischio per i pazienti

Fino a qualche giorno fa il quadro sanitario dei dottori di famiglia rimaneva in un limbo, fatta eccezione per i contagiati con sintomatologia grave, per i quali era previsto il ricovero. Ma ora l’esecuzione dei test inizia a rivelare la situazione reale: «I medici di base sottoposti al tampone sono stati 175 su 600, poi ci sono 150 pediatri e altrettante guardie mediche. Quattro giorni prima i tamponi erano 150, con una positività del 60%», spiega il presidente dell’Ordine dei medici della provincia, Guido Marinoni: «Se ci infettiamo noi, rischiamo di contagiare i pazienti». Che cosa succede al medico che risulta positivo? E’ prevista una quarantena di 14 giorni dalla quale non si può uscire prima dell’esito negativo di due tamponi, effettuati dalla scomparsa dei sintomi, «ma continua a lavorare al telefono», precisa Marinoni.

Le protezioni continuano a mancare

Sembra incredibile doverlo rimarcare, «ma per la tutela dei pazienti chiediamo con forza che i tamponi vengano fatti a tutti i medici. Per altro, se hanno sintomi lievi, in attesa dell’esito possono continuare a lavorare, se hanno le protezioni». Bene per i test che circoscrivono gli infetti, quindi, ma ora servono i dispositivi di protezione individuale. Che tardano ad arrivare, e vengono distribuiti con il contagocce. Di mascherine «un po’ ne sono arrivate ma sono il 10 per cento del fabbisogno e, comunque, la maggior parte provengono da donazioni». Un aiuto arriva anche dalle Usca, le unità speciali: «Molto utili ma anche loro, con i kit misurati, più di tanto non possono fare».

Le cifre reali del contagio

Marinoni parla poi di «dato dei contagi falsato» due volte: «La prima grande distorsione è perché vengono conteggiati solo i pazienti positivi al tampone, quindi all’inizio solo i ricoverati. Ora vengono inclusi i medici positivi, anche se hanno solo qualche sintomo». La stima si attesta ormai su di una cifra che va «dalle 70.000 alle 100.000 persone, anzi più la seconda cifra. Si tratta di ragionamenti sulla base dei numeri che mi indicano i medici con pazienti con febbre, tosse e che non sentono sapori».

Sui tamponi, il dg dell’Ats Massimo Giupponi si attiene alle linee guida dell’Istituto superiore di sanità, avallate da ministero e Regione, e di percentuali. «La nostra Ats segue i protocolli definiti dagli organismi sanitari di riferimento. Questo ci ha portati a eseguire 175 tamponi ai medici e ai pediatri della medicina territoriale, ma anche ai medici di continuità assistenziale che rientrano nelle competenze di Ats, vale a dire a tutti quanti presentavano i sintomi Covid-19 definiti dai protocolli. Il fatto che il 60% dei medici di base e dei pediatri che ha fatto il tampone sia risultato positivo, a fronte del dato complessivo che ci segnala un 95% di positività a tutti quelli a cui è stato fatto il tampone, dimostra peraltro che i nostri medici e pediatri avevano adottato maggiori precauzioni ed erano dotati di più protezioni rispetto a tutti gli altri». Una percentuale comunque troppo elevata per dormire sonni tranquilli.

Cristina Gauri

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