Roma, 29 apr – Nella giornata di oggi, come ogni 29 aprile da ben 49 anni, il pensiero di molti andrà al ricordo di Sergio Ramelli, il giovane studente del Fronte della Gioventù simbolo di sacrificio e volontà ucciso sotto casa a poco più di diciotto anni da un commando di Avanguardia Operaia. Questo ricordo verrà incarnato in maniera sacrale dalle migliaia di persone che scandiranno il suo nome nel rito del presente proprio davanti a quel marciapiede dove, nel lontano marzo 1975, Sergio venne aggredito da un gruppo di studenti comunisti di medicina con chiavi inglesi alla mano. Decenni dopo, molti altri giovani si inquadreranno solennemente sulla strada dove cadde, sotto i colpi di quell’antifascismo oggi beatificato, un ragazzo nel fiore della gioventù, il quale, dopo 47 giorni di agonia, lasciò questa terra.
Sergio Ramelli, una storia che fa ancora paura
La storia di Sergio Ramelli è un pugno nell’occhio a tutta la retorica antifascista che ogni giorno, nelle scuole, università, sui media e sul posto di lavoro, ci viene propinata come universale oltre che assolutamente buona e giusta. La storia di Sergio Ramelli è quella di un adolescente immerso in un periodo, gli anni ’70, dove l’impegno politico e la voglia di partecipazione allo svolgersi della storia erano prorompenti. L’unica sua colpa fu quella di schierarsi dalla parte sbagliata della barricata, di opporsi a quella che era già, ieri come ancor di più oggi, la comoda schiera dell’omologazione coperta da un sistema corrotto e complice. Una storia che fa ancora paura perché mostra il vero volto violento e sanguinario di quell’antifascismo che si autoproclama prerogativa imprescindibile della moderna democrazia.
La vera morale antifascista violenta e sporca di sangue
Nelle ultime settimane il pervasivo monologo antifascista a reti unificate, e il suo strumentale piagnisteo vittimistico con il quale intende farsi percepire come permanentemente osteggiato, ha occupato trasmissioni, pagine di giornale e social network. Da Canfora a Ilaria Salis, da Raimo a Scurati passando per le follie di Fiano la sinistra riscopre il suo lato violento. Oggi l’antifascismo non è altro che il collante ideologico di un sistema neoliberale che punta all’appiattimento e alla sottomissione. L’esempio di Sergio ci ricorda ancora oggi la viltà e l’infamia di quella morale sporca di sangue che, dal dibattito pubblico alla politica di governo, pervade la nostra società.
Andrea Grieco