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Tragedia della funivia, tre arresti: “Manomessi i freni di emergenza per non bloccare l’impianto”

by Adolfo Spezzaferro
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Stresa, 26 mag – A tre giorni dalla tragedia della funivia del Mottarone, in cui sono morte 14 persone, arriva la svolta nelle indagini: ci sono tre arresti. Si tratta di Luigi Nerini, proprietario della società che gestisce l’impianto, la Ferrovie Mottarone srl, il direttore e il capo operativo del servizio. Contro i tre fermati, ora in carcere, c’è un quadro “fortemente indiziario”, afferma il procuratore capo di Verbania. Si indaga per omicidio colposo plurimo e lesioni colpose in relazione al disastro di domenica. Secondo l’accusa, i tre “hanno manomesso i freni di emergenza per non bloccare l’impianto”. I tre fermati hanno ammesso la loro responsabilità.

Lasciato il “forchettone” sulla funivia per bloccare i freni di emergenza

Domenica in tarda mattina ha ceduto un cavo della funivia Stresa-Mottarone, sul lago Maggiore, in Piemonte, facendo precipitare nel vuoto la cabina. Nella tragedia sono morte 14 persone. Unico superstite, un bimbo di 5 anni, ricoverato. Ebbene, se i periti dovranno spiegare perché il cavo trainante si è spezzato, quel che è già certo è che c’è un errore umano legato al cosiddetto “forchettone”. Si tratta di un componente in metallo che serve a tenere aperte le ganasce dei freni e va tolto quando la cabina è in funzione perché altrimenti impedisce la frenata in caso di emergenza.

Tre arresti per “rimozione dolosa della sicurezza” della funivia

La presenza del “forchettone” spiega perché la cabinovia è precipitata nel vuoto per circa 20 metri, ma non perché la fune trainante si è spezzata. La manutenzione dell’impianto, ossia “i controlli giornalieri e settimanali previsti dal regolamento e dal manuale d’uso” dell’impianto spetta alle Ferrovie del Mottarone, società di proprietà di Nerini, e ai tecnici che lavorano per garantire la sicurezza. Le tre persone fermate devono quindi rispondere di “rimozione od omissione dolosa di cautele”. Il codice penale punisce chi “omette di collocare impianti, apparecchi o segnali destinati a prevenire disastri o infortuni sul lavoro, ovvero li rimuove o li danneggia”. Ipotesi aggravata “se dal fatto deriva un disastro”, spiega il procuratore di Verbania, Olimpia Bossi.

Secondo il procuratore i tre fermati erano consapevoli del guasto da settimane

I tre fermati erano consapevoli da settimane del guasto al sistema frenante di sicurezza, afferma ancora il procuratore capo. Con il gestore dell’impianto della funivia del Mottarone, un ingegnere e un capo del servizio attualmente in stato di fermo c’è stato un “confronto di carattere tecnico. Si sono ‘giustificati'” rispetto alle consapevoli anomalie del sistema frenante dell’impianto “per superare le difficoltà economiche ed evitare che si fermasse a lungo”. Così si è preferito “disinnescare” il sistema frenante di sicurezza sulla cabina poi precipitata, dice il procuratore Bossi. Un “gesto materialmente consapevole”, per “evitare disservizi e blocchi della funivia”, che da quando aveva ripreso servizio, presentava “anomalie”, è l’accusa.

“Avevano la possibilità di intervenire ma non l’hanno fatto”

“Dai reperti analizzati in questi due giorni e in particolare dall’analisi dei reperti fotografici” risulta che “la cabina precipitata presentava il sistema di emergenza dei freni manomesso, cioè era stato apposto il forchettone che tiene distante le ganasce dei freni che avrebbero dovuto bloccare il cavo in caso di rottura”, afferma ancora la Bossi. Uno sviluppo investigativo “molto inquietante”, da cui emerge la “convinzione che mai si sarebbe tranciato il cavo”. Per cui “si è corso il rischio” di una tragedia ripetutamente, sebbene le anomalie del sistema fossero state “segnalate più volte”. Persone che avevano, “dal punto di vista giuridico ed economico, la possibilità di intervenire. Coloro – spiega la Bossi – che prendevano le decisioni”. E che, secondo gli sviluppi dell’inchiesta, non l’hanno fatto. Tra gli ultimi interventi c’è sicuramente quello del 3 maggio scorso. Ma a quanto pare è stata ignorata almeno un’altra richiesta di intervento. In sostanza, la cabina sarebbe stata a rischio per più giorni o settimane. Anche questo spiega gli arresti per la mancata messa in sicurezza della funivia.

Iniziato il processo di risveglio di Eitan, il bimbo di 5 anni unico superstite

Intanto, sebbene la prognosi resti riservata e per ora non viene sciolta, è iniziato il processo di risveglio di Eitan, il bambino di 5 anni unico sopravvissuto della strage, ricoverato all’ospedale infantile Regina Margherita. Il bimbo è stabile è ha passato una notte tranquilla, c’è ottimismo tra i medici. Per questo – spiega li direttore generale della Città della Salute Giovanni La Valle, “l’equipe del dottor Ivani ha iniziato l’iter per il risveglio che consiste nel ridurre i dosaggi dei farmaci che lo stanno tenendo in coma farmacologico. Nelle prossime ci sarà una riduzione sempre più graduale”.

Adolfo Spezzaferro

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1 commento

Sergio Pacillo 26 Maggio 2021 - 2:37

Rimane l’ inquietante interrogativo:
Come si è tranciato il cavo ?

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