Bergamo, 12 gen – Ha scelto il patteggiamento padre Zanotti, il prete pro invasione finito nell’inchiesta sulle coop bergamasche che sfruttavano l’accoglienza gestendo irregolarmente i fondi pubblici destinati agli immigrati.
Oltre a padre Antonio Zanotti – 73anni, fondatore e guida spirituale della cooperativa Rinnovamento di Fontanella onlus e Oasi 7 di Antegnate – hanno optato per la medesima formula gli altri due indagati. Si tratta della presidente della cooperativa, Anna Maria Preceruti, 59 anni, e il dipendente Giovanni Trezzi, 40 anni. Lo riporta Bergamonews. I loro nomi erano finiti nel fascicolo aperto nel 2017 dal pm Davide Palmieri e poi passato al collega Fabrizio Gaverini. Risultavano indagati per associazione per delinquere finalizzata alla truffa aggravata ai danni dello Stato attraverso l’acquisizione di erogazioni pubbliche non spettanti, sfruttamento del lavoro nero, riciclaggio ed altro.
Il prete «amico» degli immigrati sfruttava i fondi per gli stranieri
Secondo i magistrati Zanotti, capo indiscusso dell’organizzazione, orchestrava il sistema di illeciti per trarre vantaggio economico dai fondi destinati agli ospiti delle strutture d’accoglienza. Era lui a tirare i fili del sistema ordinando ai collaboratori la «produzione e falsificazione di computi contabili inglobati poi in sede di rendicontazione, falsificazione delle firme dei migranti e richiedenti asilo per attestarne la falsa presenza all’interno del centro». Il denaro – per un totale di 126mila euro sequestrati – veniva reinvestito in altre attività, ad esclusivo consumo del prete «pro» immigrati.
I patteggiamenti
La posizione del religioso, accusato di truffa aggravata ai danni dello Stato, sarà discussa domani nel corso dell’udienza preliminare davanti al gup Maria Luisa Mazzola. Padre Zanotti, difeso dall’avvocato Sergio Fiori di Crema, ha scelto di patteggiare la pena a quattro anni. La stessa decisione presa dagli altri due indagati per cui il pm Gaverini aveva chiesto le misure cautelari. Anna Maria Preceruti patteggia a 3 anni e 9 mesi. La donna aveva funzioni di organizzatore ed esecutore degli illeciti. Giovanni Trezzi, assistito dall’avvocato Marco Severgnini, patteggia a 3 anni e 8 mesi. Per gli inquirenti era lui che gestiva la contabilità.
«Dio mi ha mandato quelli di colore ed assieme a quelli di colore sono arrivati i soldi», aveva detto Zanotti nel corso di una telefonata sottoposta ad intercettazione. Due erano le facce del prete pro immigrati: pio e dedito alla causa dell’accoglienza da un lato, e imprenditore spregiudicato dall’altro. Su di lui gravava già un’accusa, nel 2018, di ricatti sessuali ai danni di un ospite della struttura da lui diretta. «Sono un imprenditore, sono nato così non lo so. Sono frate, ma mi hanno detto tutti: tu sei un grande imprenditore», si vantava coi suoi collaboratori. A fare l’imprenditore era bravo davvero: peccato solo che i proventi di questa maestria non venivano messi a disposizione dei «fratelli migranti», ma finivano nelle sue tasche.
Cristina Gauri
3 comments
Con la richiesta di patteggiamento si è pure auto-scomunicato! Quindi non è prete, non è frate, non è padre, non è più un beato c…o! “Simpatica” è l’ idea che aveva del ruolo dell’ imprenditore, lui ed i suoi accoliti. Qui è la guerra tra “buoni” esempi !!
[…] di euro e la chiusura di quattro onlus per l’accoglienza degli immigrati con cui gli imputati truffavano lo Stato falsificando i documenti per i bandi delle prefetture di Lodi, Parma e […]
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