Il distaccamento si integrerà con le forze già presenti nella base Usa che dispone in loco di droni da ricognizione e cannoniere volanti e entrerà in azione se, in Libia, si dovessero verificare situazioni di emergenza.
L’intervento di tale forza si sarebbe reso necessario alla luce dei nuovi appelli alla jiahd dei gruppi estremisti libici che hanno manifestato il loro dissenso dopo il blitz di Tripoli, definito un atto illegale, e per il presunto placet segreto del governo provvisorio libico di Zeidan rapito questa mattina dall’albergo Corinthias.
Il parlamento libico ha formalmente richiesto la restituzione di Al Libi che però ora si troverebbe detenuto sulla nave da sbarco americana San Antonio, detenuto ed interrogato in alto mare da un team speciale di agenti Fbi e Cia. “Lavoro preventivo” senza assistenza legale in stile Guantanamo prima di essere consegnato ad un tribunale Americano.
Il caso ha sollevato forti critiche in quanto, l’operazione, ricorda a molti i blitz dell’amministrazione Bush, i rapimenti, rendition, in termini Usa, che di fatto violano qualsiasi intendimento di diritto internazionale, condotti tanto in paesi islamici quanto sul nostro suolo, basti ricordare il caso Abu Omar a Milano nel 2003. Inoltre il sistema delle navi-carcere sembrava essere un ricordo del passato ed è stato riattivato nel 2011 con ben 17 unità messe a disposizione dalla marina Usa.
Una guerra, quella americana al terrorismo, che sembra spesso travalicare il sottile confine della legittimità. Una guerra globale senza quartiere e senza fronti ma con dei capisaldi e degli avamposti in tutto il globo, non ultima, appunto, la “nostra” Sigonella pista di decollo di quella immensa portaerei chiamata Italia.
Alberto Palladino