Atene, 30 apr – Il “commissariamento” di Varoufakis, con l’estromissione del ministro dell’Economia dai negoziati con i creditori internazionali, sembra poter essere il punto di vista per la lunga e complessa trattativa della Grecia con Ue, Bce e Fmi. La situazione di stallo venutasi a creare nelle ultime settimane preoccupava non poco l’esecutivo ellenico, che a breve dovrà fronteggiare -con la liquidità ormai agli sgoccioli– ulteriori scadenze in specie nei confronti del Fondo monetario.
Da qui la necessità di tentare un cambio di rotta. I toni spesso alti di Varoufakis potevano servire fin tanto che Tsipras puntava in alto. Ora il tempo stringe, e bisogna cominciare a fare sul serio salvo mandare il paese gambe all’aria. A sostituzione avvenuta, Varoufakis rimpiazzato (ma conserva comunque il dicastero) con il più accomodante Eucleides Tsakalotos, studi di economia a Oxford, ecco cambiare l’approccio.
“E’ necessario arrivare ad un accordo in tempi stretti“, ha spiegato Tsipras. “Siamo vicinissimi a un’intesa di base. Spero al più tardi entro la fine della prossima settimana, termine ultimo il nove maggio”. A ridosso, in sostanza, della scadenza del 12 quando Atene dovrà rimborsare al Fmi la più sostanziosa delle rate: 770 milioni sull’unghia, senza possibilità di dilazioni.
Il governo sta lavorando ancora alla bozza di riforme oggetto della discordia con il Brussels Group, l’organismo multilaterale che ha sostituito nel lessico la fu Troika. Tsipras sembra orientato a cedere su punti che considerava originariamente non negoziabili. Tra questi il salario minimo e le privatizzazioni. Due cavalli di battaglia della campagna elettorale, promesse che potrebbero essere tradite per sottrarre il paese ad un sempre più vicino fallimento. Fra le altre cose, allo studio è anche un aumento del costo delle licenze per le potentissime televisioni private, oltre a misure per combattere l’endemica evasione fiscale.
Intanto, nel corso di un’intervista, il premier ha rilanciato l’idea di sottoporre a consultazione popolare l’impianto che verrà presentato: “Andremo al referendum popolare se le condizioni dei creditori saranno dure”, ha detto Tsipras. Una proposta già lanciata nel 2011 da Papandreou, poi caduta nel vuoto. E probabilmente l’ultima, spuntata, arma di ricatto nelle mani del leader di Syriza.
Filippo Burla