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Addio plastica monouso, ma la direttiva Ue affossa le aziende italiane

by Eugenio Palazzini
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plastica monouso, Ue

Roma, 2 giu – Guerra alla plastica monouso. Una crociata Ue iniziata da tempo ma che adesso suona come un campanello d’allarme per le aziende italiane. Sì perché le linee guida europee verranno a breve ufficializzate e potrebbero tramutarsi in una mannaia. Bruxelles metterà infatti al bando – a partire proprio da quest’anno – gli oggetti prodotti con plastica monouso. Esattamente dal prossimo 3 luglio gli Stati membri saranno costretti a vietare il consumo di tutti i prodotti di plastica usa e getta. Per intenderci non vedrete più circolare posate, bicchierini e piatti usa e getta. Via pure cannucce, bastoncini per palloncini e contenitori vari per alimenti. Tutti realizzati con una plastica considerata altamente inquinante e per questo inseriti nelle linee guida dell’Ue per l’applicazione della direttiva 904 del 2019, altrimenti nota come direttiva Sup (Single use plastics, plastiche usa e getta)

Addio plastica monouso, le motivazioni Ue

Secondo il vicepresidente della commissione europea, Frans Timmermans, “ridurre l’uso della plastica monouso aiuta a proteggere la salute delle persone e del pianeta. Le regole dell’Unione europea sono un traguardo fondamentale nell’affrontare i rifiuti marini. Stimolano anche modelli di business sostenibili e ci avvicinano a un’economia circolare dove il riutilizzo precede l’uso singolo”. In apparenza tutto lodevole o comunque difficilmente contestabile. Eppure Lega e Fratelli d’Italia sono sul piede di guerra e chiedono lo stop della direttiva europea.

L’Italia non ci sta

Sulla questione è subito intervenuto anche il ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani, che ieri ha definito la direttiva Ue “assurda, per la quale va bene solo la plastica che si ricicla. Questo a noi non può andar bene”. Come mai? Perché “l’Europa ha dato una definizione di plastica stranissima, solo quella riciclabile”, dice il ministro. Mentre “tutte le altre, anche se sono biodegradabili o sono additivate di qualcosa, non vanno bene”. Non solo, “nello stesso tempo l’Ue sta finanziando grandi progetti europei per sviluppare plastiche biodegradabili. Anche a livello continentale ci sono segnali contrastanti, che vanno chiariti. La nostra comunità scientifica ha una leadership a livello mondiale sullo sviluppo di materiali biodegradabili, ma in questo momento non sono utilizzabili dall’industria, perché c’è una direttiva europea nuova e assurda”.

Una presa di posizione a cui ha fatto eco quella del presidente di Confindustria: “Le linee guida Ue su Direttiva SUP chiudono di fatto un intero settore industriale – tuona Carlo Bonomi via Twitter – non vedo reazione decisa e coesa da politica, sindacati, imprese. Sembra non interessi il futuro dei lavoratori del settore del packaging, eccellenza italiana nel mondo!” .

Un settore in cui l’Italia primeggia

Ecco, il tasto toccato da Bonomi è quello più delicato e allo stesso tempo preoccupante. Perché le linee guida Ue potrebbero affossare i settori della carta e della plastica biodegrabile in cui l’Italia primeggia. “L’estensività della regola europea – fa notare il Sole 24Ore potrebbe paralizzare alcuni settori di cui c’è il primato come bicchieri e stoviglie di carta per la ristorazione veloce di cui l’Italia è il principale produttore europeo con il 35% del mercato”. In Italia sono circa 5mila i lavoratori attivi nel packaging cartaceo, che verrebbe danneggiato fortemente qualora usasse i cosiddetti veli di plastica. C’è poi un altro settore in allarme, quello della ristorazione veloce che sempre in Italia dà lavoro a 8 milioni di persone.

Eugenio Palazzini

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1 commento

fabio crociato 2 Giugno 2021 - 6:50

La plastica se vuol avere un futuro, sostenibile da tutti i punti di vista, deve risultare monouso meno possibile… come tutte le altre materie. Sul restante lascio la parola agli esperti veri sulla storia della plastica, altra “rivoluzione” capitalistica dagli aspetti non tutti davvero piacevoli (a cominciare dalla qualità delle acque). Certo che anch’essa rientra nel affarone dei rifiuti, assai poco trasparente e pulito (sic), sempre più lucroso (senza preavviso).

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