“In data odierna è stato stipulato l’atto di scissione di Telco che diventerà efficace a partire dall’iscrizione nel registro delle imprese delle società beneficiarie. Alla data di efficacia, le azioni ordinarie di telecom italia detenute da Telco – pari al 22,3% del suo capitale ordinario – verranno ripartite come segue: il 14,72% alla newco controllata da Telefonica, il 4,31% a quella del gruppo Generali e l’1,64% a ciascuna delle newco controllate rispettivamente da Intesa Sanpaolo e da Mediobanca. Con l’efficacia della scissione cesserà ogni effetto del patto parasociale in essere tra i soci di Telco”, si legge in una nota diramata ieri.
Il passaggio della chiusura di Telco è essenziale ai fini dell’ingresso di nuovi azionisti in Telecom Italia. E’ il gruppo francese Vivendi il principale interessato, con una prospettiva non solo di lungo periodo, ma anche di controllo. Del 14.72% residuo in capo a Telefonica, infatti, l’8.3% del capitale passerà ai transalpini, che diventerà così il primo azionista della società. Vivendi avrebbe poi l’intenzione di consolidare la sua quota, salendo al 10-15% del capitale. Un’operazione del controvalore di quasi 3 miliardi.
L’italianità di Telecom era già stata persa da un pezzo. Almeno da quando i capitani coraggiosi, con le loro operazioni più spericolate che ardite, hanno caricato la società di una tale mole di debiti da dover rivolgersi all’estero per reperire capitali freschi. E non senza realizzare, nel frattempo, notevoli plusvalenze oltre a lauti dividendi a scapito di Telecom stessa. Da qui il passaggio prima a Telefonica e, come si profila nel futuro prossimo, a Vivendi. Franza o Spagna purché se magna.
Filippo Burla
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