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Il Consiglio di Stato lascia “accesa” Ilva. Ma la nazionalizzazione ancora non si vede

by Filippo Burla
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Roma, 13 mar – Il Consiglio di Stato dà ragione ad Ilva e lascia accesi gli altiforni. Accogliendo la richiesta del siderurgico, dopo il primo “no” di un mese fa, il massimo organo della giustizia amministrativa sospende la decisione con cui il Tar di Lecce aveva disposto la fermata dell’area a caldo.

Il Consiglio di Stato “assolve” Ilva. Per adesso

La pronuncia dei giudici salentini era arrivata sulla scorta dell’ordinanza con cui il sindaco di Taranto, Rinaldo Melucci, aveva imposto la chiusura degli altiforni nel febbraio dello scorso anno. Motivo della decisione del primo cittadino alcuni eventi inquinanti verificatisi in quei giorni.

Tesi che viene rigettata dalla difesa di Ilva: “Ispra, unico ente deputato alla verifica del rispetto delle prescrizioni Aia vigenti sullo stabilimento di Taranto – spiegano – ha confermato il rispetto delle prescrizioni Aia”. Mancherebbe, insomma, “una dimostrabile correlazione tra gli eventi odorigeni di febbraio 2020 e le attività produttive”.

L’udienza di merito è fissata per il prossimo 13 maggio. Se per il momento il Consiglio di Stato ha dato ad Ilva una (temporanea) boccata d’ossigeno, sul futuro del siderurgico continuano però a pendere numerose incertezze.

La nazionalizzazione non si vede

L’elemento della tutela ambientale non è solo materia da aule di tribunale. Al contrario, è parte integrante del piano di risanamento di Ilva. Piano che prevede il ritorno dello Stato nella gestione dello sito anche se, al momento, sembra chiuso in un cassetto.

Lo scorso dicembre, Invitalia ed ArcelorMittal hanno siglato l’accordo con cui l’agenzia pubblica entrerà nel capitale della società. Prima al 50 e poi, a maggio 2022, al 60%. Valore complessivo dell’investimento: 1,08 miliardi di euro. Di tutto questo schema, tuttavia, ancora non si vede traccia: la società franco-indiana è arrivata a mettere in mora il governo, che ancora non ha firmato il decreto (già pronto).

Tutto fermo, fra le altre cose, anche per l’ultimo scontro tra siderurgico e magistratura. Il cui esito potrebbe essere esiziale per le sorti di Ilva. Con lo spegnimento dell’area a caldo, infatti, ad Invitalia verrebbe consegnato uno stabilimento praticamente fermo. Quasi inutilizzabile: “Il progetto di investimento rischia di saltare”, hanno scritto nero su bianco gli avvocati dell’Agenzia. C’è tempo fino al 13 maggio.

Filippo Burla

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