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Dl sostegno, la Cgia denuncia: “I soldi arriveranno con tre mesi e mezzo di ritardo”

by Filippo Burla
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Roma, 21 mar – Il Dl sostegno? Insufficiente, per di più in tremendo ritardo. E’ sulla base di queste motivazioni che la Cgia di Mestre boccia (a metà) il primo decreto del nuovo governo in aiuto delle attività produttive. Denunciando il “passo di lumaca” con cui le somme giungeranno a destinazione.

Le risorse messe a disposizione dal Dl sostegno arriveranno infatti a imprese e lavoratori autonomi subito dopo Pasqua. “In buona sostanza – spiega l’associazione – saranno accreditati sul conto corrente delle attività interessate almeno 3 mesi e mezzo dopo dalle chiusure imposte nel dicembre scorso dall’allora governo Conte”. E’ vero che nel frattempo c’è stato un cambio di esecutivo, con tutta la relativa estensione delle tempistiche. Se però, dopo un anno dall’inizio della pandemia, “è necessario aspettare ancora così tanto tempo, è evidente – si sottolinea – che la ‘macchina’ necessita di una messa a punto”.

Dl sostegni, per la Cgia servono almeno 50 miliardi

Le responsabilità, insomma, per la Cgia sono da suddividere equamente tra Conte bis e Draghi. Pur apprezzando l’abbandono dell’assurda logica dei codici Ateco, gli artigiani mestrini denunciano la scarsa consistenza del decreto. “Il crollo del fatturato e la conseguente mancanza di liquidità subita in questi ultimi mesi stanno spingendo verso il baratro tantissimi operatori economici che rischiano di ricevere i soldi fuori tempo massimo, ovvero, dopo che molti di questi avranno cessato definitivamente la propria attività”.

Se a poco serviranno i 32 miliardi del Dl sostegno, di poco si sposterà l’asticella con lo scostamento prossimo venturo. Si parla di ulteriori 20/25 miliardi. “E’ evidente che anche questo importo appare poca cosa se lo rapportiamo alla dimensione delle perdite subite dalle imprese e da tutto il mondo del lavoro autonomo. Per questo è necessario fare un ulteriore sforzo, approvando delle misure di indennizzo che arrivino a toccare almeno i 50 miliardi di euro“.

Filippo Burla

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