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Lavoro, tavoli di crisi aperti per 170mila italiani. Il caso ex Merloni

by Salvatore Recupero
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Ex Merloni, lavoro

Roma, 22 ago – Brutte notizie per i 584 operai degli stabilimenti della ex Merloni passati alla JP Industries di Giovanni Porcarelli. Quest’ultimo, infatti, ha aperto una procedura di mobilità per tutti i dipendenti. C’è da dire la notizia non ha sorpreso nessuno. Il proprietario della JP Industries non ha mai dimostrato grande attenzione alle maestranze.

Merloni: il declino economico di una terra laboriosa

Circa dodici anni fa gli stabilimenti di elettrodomestici della Ex Merloni passano di mano e vengono rilevati come abbiamo già detto dall’attuale titolare. Si trattava di 700 dipendenti (un tempo erano più di mille) tra Umbria e Marche. Operai che nel frattempo sono scesi a 584: 305 di Santa Maria e Maragone, 269 operai e 36 impiegati, 279 del sito di Gaifana (Perugia), 268 operai e 11 impiegati.

Da anni si brancola nel buio senza nessuna strategia. Non mancano i soldi ma la capacità di sfruttare al meglio le occasioni che i nostri tempi ci offrono. Come avveniva ai tempi di Aristide e Vittorio Merloni (rispettivamente padre e figlio). Stiamo parlando di due protagonisti del boom economico. Il capostipite partì a zero negli anni trenta e diede speranza ad un territorio in cui l’industria era pressoché assente. Quest’ultimo riuscì anche a sfruttare i buoni rapporti con il fondatore dell’Eni Enrico Mattei per avviare la produzione di bombole per il gas liquido e di scaldabagni. Erano gli anni della scoperta degli giacimenti di metano nella pianura padana. Si trattava di capitani d’industria che erano capaci di creare delle sinergie per migliorare il territorio. Nel 1970 Aristide Merloni morì e lasciò in mano ai figli l’azienda di famiglia.

La vendita agli americani

La successione non fu semplice: l’ex Merloni fu suddivisa in tre realtà autonome. Il settore degli elettrodomestici guidato da Vittorio ebbe maggior successo. Quest’ultimo non si accontenta di costruirsi una nicchia nel già difficile mercato degli elettrodomestici italiani. Al contrario, punta a dominare il settore nazionale degli elettrodomestici. La sua strategia però non si fermò in Italia ma seppe conquistare non solo i confini ma anche grandi realtà estere come la Scholtès, Stinol e Hotpoint.

Tuttavia, il genio di una famiglia non basta in un contesto industriale debole. Così nel 2014 arrivarono gli americani di Whirlpool che si presero tutto. La strada verso il declino era già segnata, infatti, come abbiamo detto gli stabilimenti che oggi rischiano di più già non erano più in mano della sopracitata famiglia.

E veniamo ai giorni nostri e agli stabilimenti a rischio che erano di proprietà di Antonio Merloni fratello di Vittorio. I sindacati hanno attaccato la JP Industries per “la modalità unilaterale con cui la direzione aziendale ha deciso di procedere al licenziamento collettivo”. Però, il rischio più grave che stiamo correndo è un altro: “la ex Merloni prova a fare da apripista, tracciando, purtroppo, un percorso nel quale potrebbero inserirsi altre migliaia di aziende di ogni dimensione”. Questo è quanto denuncia il quotidiano La Meta Sociale (organo d’informazione dell’Ugl). Pertanto anche una vicenda relativamente circoscritta rischia di innescare un effetto domino.

Ci attende un nuovo autunno caldo?

Come si era già scritto lo scorso gennaio, il 2020 a causa delle tante vertenze aperte poteva segnare il requiem per l’industria italiana. Poi è arrivata la pandemia a complicare non poco le cose. Le cifre trapelate dal ministero dello Sviluppo economico non fanno ben sperare: almeno 170mila lavoratori sono coinvolti dalle crisi aziendali ancora aperte. Una situazione che può solo peggiorare per effetto delle politiche con cui il governo ha risposto alla crisi economica dovuta al Covid-19.

Già a settembre, il numero degli impegni dell’esecutivo è notevole. Ad esempio torneremo a parlare della Bekaert o dell’ex Embraco. Intanto a Palazzo Chigi si affinano le armi. Nel Decreto Agosto l’esecutivo ha potenziato il Fondo per la salvaguardia dei livelli occupazionali e la prosecuzione dell’attività d’impresa. Ma questo potrebbe non bastare. Non sono i soldi che mancano, ma la capacità di saperli spendere.

Salvatore Recupero

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1 commento

Fabio Crociato 23 Agosto 2020 - 5:22

Non conosco questo caso specifico… Comunque nella mia ed altrui piccola, ma significativa esperienza, le aziende sono gestite per lo più da yes-man, più o meno stupidamente servili, senza idee… Perché chi ha idee e chi ha il coraggio di opporsi agli standard economico-finanziari fa paura! Ma almeno prima di morire, bisogna sapersela giocare… E qui non si sa neppure “giocare”! O non si può, il che è pure peggio.

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