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Il coraggio di pensare al futuro: l’energia è un’arma

by Filippo Burla
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energia nucleareRoma, 15 lug – È un periodo apparentemente molto florido per chiunque sia interessato allo sviluppo tecnologico ed umano, stante la costruzione attualmente in atto di ben 72 reattori nucleari in tutto il mondo, di cui 2 nel Giappone post-tsunami.

Al contempo però, in Occidente, la propaganda ambientalista, seppur fortemente indebolita dal clamoroso passo indietro dell’Ipcc (Intergovernmental Panel on Climate Change, l’organismo dell’Onu che aveva per primo iniziato a parlare della bufala del surriscaldamento globale antropogenico), è ancora perfettamente in grado di sfruttare la credulità e la paura delle persone per bloccare lo sviluppo. La quantità di favole partorite (ultima delle quali i danni incalcolabili derivanti…dai peti dei bovini) servono in effetti lo scopo preciso di mantenere nel sottosviluppo le nazioni per evitare a possibili concorrenti della potenza imperiale anglo-americana di raggiungere una maggiore indipendenza. Già nell’immediato dopoguerra Bertrand Russel fondò il suo noto movimento “Pacifista” per raccogliere consensi intorno alla costruzione di un governo mondiale che ponesse sotto il proprio controllo gli arsenali nucleari ed al contempo bloccasse la diffusione del nucleare civile. L’ambientalismo, ovviamente, è solo uno dei tentacoli della piovra, gli altri essendo: il settore finanziario, in particolare quella parte di esso che fa riferimento alla City di Londra (banche d’affari, fondi hedge e private equity, shadow banking); le multinazionali oligopolistiche in particolare quelle operanti nelle materie prime e nei semilavorati; i grandi gruppi mediatici e di intrattenimento; il crimine organizzato in particolare la “Red Mafya”, la più potente organizzazione criminale al mondo; il terrorismo islamico di matrice genericamente salafita, che ancora una volta si finanzia attraverso le proprie organizzazioni stanziate a Londra, oltre che grazie agli Al Saud ed all’Emiro del Qatar.

L’istituzione che maggiormente diffuse l’ideologia ambientalista fu il Club di Roma. Fondato nel 1968 a seguito di una serie di incontri a cui parteciparono il futuro presidente del club Aurelio Peccei (capo dell’Istituto Atlantico di Parigi, di fatto una “succursale civile” della Nato, ed ex dirigente della Fiat), il futuro vice presidente Alexander King, direttore generale degli affari scientifici dell’Ocse, l’ex consigliere di sicurezza Usa McGeorge Bundy, Zbigniew Brzezinski, che allora figurava nel consiglio di pianificazione politica del Dipartimento di Stato a stelle e strisce. Brzezinski in particolare è molto interessante nella sua veste di teorico della “Società tecnotronica”, idea di società post-industriale, cosmopolita, atomizzata e dedita esclusivamente all’intrattenimento, alla comunicazione ed al consumo di sostanze psicotrope. L’utopia post-industriale, l’idea “grillina” per cui sia sostenibile una società stentata, decrescente, in cui al massimo si può aspirare ad un miserabile reddito di cittadinanza.

Un incubo che in epoca più recente ci ha portati a rinunciare al nucleare a causa della paura verso inesistenti pericoli ed in favore della chimera delle energie rinnovabili, in particolare eolico fotovoltaico. Tecnologie fisicamente inutili, ed a questo basti un piccolo esempio: in un anno ci sono 8760 ore, ed un Kw fotovoltaico installato nel nord Italia può generare, nel medesimo lasso di tempo, 800/900 kilowattora elettrici, cioè è attivo meno del 10% del tempo. Non che le cose possano andare meglio se ci spostiamo in aree più assolate: all’equatore, il fattore di carico di un Kw fotovoltaico non supera comunque i 2400/2500 Kilowattora. Da notare che questo non dipende dal fatto che non si fa abbastanza ricerca nel settore, bensì è un limite fisico che dipende dalla potenza dell’irraggiamento al suolo, e che quindi non possiamo in alcun modo migliorare. L’unica cosa che possiamo migliorare è l’efficienza dei pannelli, ma anche in questo caso abbiamo un limite invalicabile di natura fisica, che è il 100% dell’efficienza, ovvero un pannello della potenza di un Kw non può scendere sotto il m2 di grandezza, perché quello è il massimo di potenza irraggiata al suolo dal Sole. In altre parole, ci siamo messi nelle mani di tecnologie inutili e dannose nel nome di ideologie antiscientifiche e moralmente perverse.

Altro che le flatulenze delle mucche, le api che si estinguono e gli orsi polari che sudano: mentre il resto del mondo ha scelto per il futuro, l’Europa si rifugia nelle sue piccole rendite di posizione, interessata più a salvaguardare un esperimento monetario attualmente fallimentare ed a guerreggiare con il proprio fratello euroasiatico in nome e per conto dello Zio Sam, che a perseguire lo sviluppo, che non è semplicemente crescita del Pil ma anche e soprattutto l’introduzione di profondi mutamenti strutturali dell’economia reale e della società tutta.

Lo sviluppo umano e tecnologico delle nazioni e dei continenti passa attraverso i grandi progetti infrastrutturali, che non comprendono solo le infrastrutture fisiche, ma anche la ricerca, la salute, l’istruzione. L’economia è trainata da grandi progetti che trasformano il territorio e danno risposte adeguate alle sfide sociali e future. I grandi progetti permettono di trasformare le scoperte scientifiche in nuove tecnologie da applicare ai processi economici che aumentano la produttività del lavoro umano. Le grandi infrastrutture sono la base vera dell’unità reale dell’Europa, della regione del mediterraneo e dell’affrancamento dell’Eurasia dal giogo imperiale transatlantico.

Per esempio, l’unica soluzione razionale della crisi idrica risiederebbe nella dissalazione dell’acqua marina utilizzando l’energia nucleare prodotta da reattori a sicurezza passiva, ad alta temperatura e raffreddati a gas, con unità di potenza tra i 120 e i 200 megawatts. Sono processi che già si conoscono e che potranno essere decisamente migliorati, ma tutto dipende dalla disponibilità di energia a basso costo e dalla volontà politica di chi li deve porre in essere.

Matteo Rovatti

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