“Con questo governo le tasse vanno giรน, gli occupati vanno su, le chiacchiere dei gufi invece stanno a zero”, commenta via facebook Matteo Renzi. Secondo il premier “i numeri non sono importanti”, ma il confronto รจ presto datto: “A inizio del 2015 – continua il presidente del consiglio – avevamo immaginato la crescita del +0,7%. La crescita รจ stata invece del +0,8%. Meglio delle previsioni. Il Governo Monti aveva chiuso con -2,3%; il Governo Letta con -1,9%”, spiega con un grande profluvio di cifre. Delle due l’una: o non sono importanti o non lo sono. Dimenticandosi peraltro un piccolo particolare: nella nota di aggiornamento di settembre la crescita era data al +0.9%, ma a consuntivo siamo a -0.1% rispetto alle previsioni. Nulla di nuovo dato che le stime di inizio e metร anno sono da sempre smentite, perรฒ se l’entusiasmo vale in positivo allora analogo atteggiamento – invertito – dovrebbe essere anche nel caso opposto.
D’altronde, parlare di crescita รจ corretto? Fino a quando le cifre resteranno al di sotto del punto percentuale, no. La politica che abbiamo ribattezzato piรน volte dello “zerovirgola” puรฒ, al massimo, valere la definizione di (micro)ripresa. Ma per tornare veramente a parlare di stato sociale e suoi problemi di finanziamento, di politiche per il lavoro, di taglio delle tasse, di sostenibilitร del sistema pensionistico, serve che le percentuali ย siano decisamente piรน robuste. Diventano infatti apprezzabili – in termini di Pil, riduzione del cuneo fiscale, del rapporto deficit, ecc. – solo nel momento in cui superano come minimo la soglia dell’1, meglio ancora se 2%. Al di sotto, al piรน si vivacchia nella decrescita in atto. Come ad esempio nel caso della disoccupazione, la cui riduzione secondo il ministro Poletti rappresenta “un grande risultato”. Sรฌ, la disoccupazione รจ diminuita: ma di percentuali da prefisso mentre, nel frattempo, aumentavano gli inattivi (essendo il tasso di disoccupazione un rapporto fra disoccupati e totale disoccupati piรน occupati, esso non considera il loro impatto: chi esce dalla disoccupazione, in sostanza, non rientra automaticamente nel numero degli occupati) e a breve andranno ad esaurirsi gli effetti degli sgravi alle assunzioni.
Filippo Burla