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Ita è morta prima di nascere. Per il governo c’è solo un obiettivo: vendere (all’estero)

by Filippo Burla
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Ita Airways

Roma, 12 feb – Quattro mesi. Tanto è durata la vita (operativa) di Ita Airways, il vettore nato sulle ceneri di Alitalia. Dal 15 ottobre scorso, quando ha preso ufficialmente servizio rilevando parte del perimetro della nostra fu compagnia di bandiera, a ieri, giorno del Consiglio dei ministri nel corso del quale il ministro dell’Economia Daniele Franco ha illustrato il decreto che porterà lo Stato ad uscire dal capitale della società, oggi controllata al 100%. Doveva essere un’eutanasia programmata e così sarà.

Obiettivo vendere. E in fretta

Franco ha parlato di “processo di ricerca di un partner per Ita”, che si concretizzerà in “offerta pubblica o vendita diretta”. Nulla si sa sulle tempistiche, ma è chiaro che il governo vuole fare in fretta. Anche facendosi carico del mantenimento di “una quota minoritaria e non di controllo, che potrà in una fase successiva essere venduta”, ha sottolineato il titolare di via XX Settembre. L’obiettivo non è mai stato, d’altronde, quello di far sì che la compagnia potesse stare in piedi sulle proprie gambe, bensì di risanare quanto rimaneva della vecchia Alitalia – flotta dimezzata, stipendi ridotti e via dicendo – per renderla il più appetibile possibile in vista di un suo collocamento sul mercato. Magari – anzi: sicuramente – all’estero.

I pretendenti, d’altro canto, parlano tutti lingue straniere. C’è Delta Airlines che però, in quanto extraeuropea, non può per regolamento comunitario ambire alla maggioranza e dovrebbe quindi trovare un partner continentale. Alla finestra anche Air France – Klm, che tuttavia non può procedere fin quando non avrà restituito tutti gli aiuti di Stato ricevuti nel corso della pandemia. A chi si riferisce allora il ministro Franco quando parla di “soggetti interessati a questa operazione”? L’unico rimasto in gioco è a questo punto il gruppo Lufthansa. La sua offerta – in tandem con Msc, la cui modalità partecipazione è ancora tutta da definire: non è escluso che possa agire quasi da prestanome – è sul tavolo del Mef dalla fine dello scorso mese.

Il futuro di Ita: una low cost di Lufthansa?

I tedeschi non hanno mai nascosto le loro mire. A far gola, oltre al marchio Alitalia che Ita ha comprato all’asta, è il ricco mercato italiano. Non per potenziarlo, ma per replicare lo schema già adottato quando la compagnia con sede a Colonia ha acquisito le varie Swiss, Austrian e Brussels Airlines, tutte diventate sussidiarie con un piccolo spazio di autonomia sulle rotte internazionali (dove ancora si conservano elevati margini di redditività e sulle quali Ita, così come l’Alitalia degli ultimi anni, non ha mai seriamente pensato di investire) e per il resto relegate a mere realtà di “feederaggio” per convogliare passeggeri verso gli hub Lufthansa di Francoforte e Monaco.

Michael O’Leary ha lanciato la sua previsione: Ita finirà per diventare la compagnia a basso prezzo di Lufthansa. Il vulcanico fondatore di Ryanair non si fa sfuggire l’occasione per lanciare strali contro l’intervento pubblico nel settore. Dimenticando però sempre che anche la sua compagnia, come d’altronde una buona fetta delle cosiddette “low cost”, vive di generosi contributi pubblici. Il fatto che parli pro domo sua non significa, tuttavia, che non abbia colpito perfettamente nel segno.

Filippo Burla

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