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Quando Renzi disse: “Investire in Mps è un affare”

by Filippo Burla
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Il tweet di Mps con le parole di Renzi, scovato dal gruppo “Basta Euro”

Roma, 6 lug – Da cacciagufi a gufo di prima categoria: c’è del divertente nella parabola discendente di Renzi, il premier prima rottamatore e poi uno di sistema, prima alfiere dell’ottimismo a tutti i costi e poi portascalogna di professione. Non bastassero i precedenti ora arriva anche Monte dei Paschi, la banca senese finita nelle secche delle sofferenze bancarie e dei richiami Bce, oltre che possibile grimaldello per lo sbarco anche in Italia della Troika.

Correva il gennaio 2016, pochi mesi fa quando l’ex sindaco di Firenze esultava tronfio, definendo il sistema del credito italiano “solido e forte grazie ai risparmi straordinariamente alti delle famiglie italiane”. E grazie, con l’improvvida approvazione del bail-in è chiaro che questi risparmi sono diventati improvvisamente cruciali. Ma andiamo oltre: solido e forte? Certo, con 360 miliardi di sofferenze lorde e Mario Draghi pronto a dare istruzioni, il sistema sembra in effetti forte e solido quanto le previsioni di crescita, annunciate in pompa magna all’inizio di ogni anno e poi puntualmente riviste al ribasso. Montepaschi, fra le banche più esposte alle turbolenze, è sott’occhio da giorni, con un calo di quasi il 50% da fine giugno ad oggi, che diventa del 90% dall’agosto scorso, quando valeva poco più di due euro mentre oggi quota 27 centesimi ad azione. Valore praticamente azzerato, anche se secondo Renzi la banca era “risanata, e investire è un affare. Su Mps si è abbattuta la speculazione ma è un bell’affare, ha attraversato vicissitudini pazzesche ma oggi è risanata, è un bel brand. Forse in questo processo che durerà qualche mese deve trovare dei partner perché deve stare insieme ad altri”.

Vogliamo fare qualche conto? Il 22 gennaio del 2016, data del discorso di Renzi, Motepaschi quotava a 0.75, per cui chi avesse avuto da parte un qualche risparmio – d’altronde lo suggeriva il presidente del Consiglio – avrebbe potuto comprare diecimila azioni dell’istituto senese spendendo 7500 euro. Oggi quel capitale varrebbe meno della metà: 2700 euro, per una perdita secca di 4800 euro, oltre il 60% del totale per 900 euro al mese. Non è escluso, come già successo per i due aumenti di capitale precedenti, che quello che si profila all’orizzonte (forse con partecipazione pubblica) sia anch’esso fortemente diluitivo, portando le perdite potenziali a quasi il 100% del capitale investito.

Filippo Burla

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2 comments

Alessandro 6 Luglio 2016 - 12:07

Non è colpa di Renzi, glielo aveva consigliato la Boschi alla quale lo aveva detto papà….

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vincenzo panariello 7 Agosto 2016 - 1:57

dovete essere voi della carta stampata a ricordarglielo continuamente perchè quello che ha dichiarato non si è avverato cosi si limita a fare danni contro i risparmiatori visto che dopo le dichiarazioni dimentica tutto

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