Bologna, 6 set – La Magneti Marelli ha preso una decisione a dir poco drastica. Per un periodo di 13 settimane (tra fine ottobre e gennaio 2020) l’azienda ha fatto richiesta di cassa integrazione ordinaria per 910 lavoratori impiegati negli stabilimenti di Bologna e Crevalcore. Nel primo caso, gli interessati sono 630 degli 800 dipendenti totali, mentre nel secondo parliamo di 280 lavoratori su 350. Per gli impianti del capoluogo si chiedono otto settimane di Cig a zero ore e, in provincia, le settimane a casa dovrebbero essere addirittura tredici. Queste cifre sono allarmanti. I più pessimisti potrebbero pensare che l’ormai ex Magneti Marelli voglia chiudere bottega nel bolognese.
Troppi esuberi per un settore in espansione
Andiamo con ordine. A Crevalcore dove si produce componentistica per motori benzina e diesel, la cassa integrazione richiesta dai nuovi proprietari di Marelli può essere considerata “congiunturale” anche se coinvolge quasi tutti i dipendenti. Si salvano solo i fonditori del reparto alluminio. Dunque, in questo caso, si tratta di utilizzare un ammortizzatore sociale a fronte di un calo dei volumi di produzione.
Lo stesso, però, non si può dire dello stabilimento del capoluogo emiliano. A Bologna sono coinvolti dalla cassa integrazione, oltre trecento tra tecnici, ingegneri e ricercatori. L’unica eccezione almeno per ora riguarda il settore della componentistica per l’auto elettrica. C’è da dire che siamo ancora all’inizio delle trattative. Nelle prossime settimane la mediazione quantitativa e qualitativa della cassa sarà oggetto del tavolo tra azienda e sindacati. Inoltre secondo la Fiom: “La questione potrebbe e dovrebbe rientrare anche nelle contrattazioni nazionali sui temi dell’automotive che impegneranno il ministro del Lavoro, Nunzia Catalfo”.
Aldilà della congiuntura negativa (tutta da dimostrare) questo è un pessimo segnale. È evidente che la nuova proprietà non ha voglia di investire nel futuro di quest’azienda.
Magneti Marelli: il pessimo inizio della nuova proprietà
Magneti Marelli, azienda leader italiana nella componentistica automotive fondata nel 1919, è stata venduta da Fca ai giapponesi di Calsonic Kansei (controllata dal fondo Usa Kkr) per 6,2 miliardi di euro. È passato solo un anno dall’arrivo dei nuovi padroni e già i risultati si vedono. Eppure, qualcuno nel sindacato guardava con favore a questo passaggio di proprietà. Per il segretario generale Fim Cisl, Marco Bentivogli, la cessione rappresentava una “grande occasione di crescita” sulla quale comunque il sindacato vigilerà, in particolare per gli aspetti che riguardano lo sviluppo e la forza lavoro. Il sindacalista vicino prima a Renzi e poi a Calenda sognava un futuro roseo per l’antica azienda italiana.
“L’operazione – affermava Bentivogli in una nota – consente di crescere e raddoppiare l’economia di scala di Magneti Marelli fino a 15,2 miliardi di dollari. Per diversi anni, almeno cinque, manterrà la nuova società come fornitore e la sede a Corbetta, che resterà l’headquarter del Gruppo per l’Europa”. Indipendentemente dall’esito di questa vertenza, il rappresentante sindacale, nemico giurato dei populisti, è stato smentito dai fatti. Dal passaggio di proprietà ad oggi non è stato presentato alcun piano di investimenti o alcuna strategia di medio lungo termine, a partire da come la Marelli intenda affrontare il delicato momento di trasformazione del settore automotive. Come abbiamo scritto circa un anno fa, l’Italia perdeva di un’eccellenza che forse avrebbe potuto catalizzare le tante capacità di innovazione e sviluppo nel settore della componentistica auto.
Allora c’era poco da esultare e oggi non dobbiamo sorprenderci per l’esito di questa vicenda. Se affidiamo il futuro delle nostre aziende a multinazionali straniere non possiamo certo aspettarci alcun riguardo nei confronti delle nostre maestranze.
Salvatore Recupero
4 comments
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E il Globalismo Bellezza, Ce L’ ho chiede L Europa e le Tante Altre Cazzate del Circo Mediatico della Global Class Capitalista..
Bisogna nazionalizzare.
[…] morte di Sergio Marchionne, la cessione di Magneti Marelli, scelta i cui effetti non hanno peraltro tardato troppo a farsi sentire. Sul tavolo c’è anche la sorte di Comau, gioiello della meccatronica che, al pari di Teksid, […]