Roma, 5 feb – Non bastavano il Jobs Act e la certezza che, anche togliendo gli incentivi, gli imprenditori avrebbero comunque assunto (e infatti non è stato così), per non parlare della figuraccia sul Tfr in busta paga. Poletti non lascia e raddoppia: anche il part-time agevolato per accompagnare alcuni lavoratori alla pensione è un flop su tutta la linea.
La proposta è nata l’anno scorso per incentivare i lavoratori che maturerebbero i requisiti per ritirarsi dal lavoro entro il 2018, offrendogli la possibilità di usufruire del tempo parziale fino al giorno del pensionamento. Da parte sua, l’Inps si fa carico della contribuzione figurativa necessaria al raggiungimento delle somme versate al fine di chiedere, al termine, la tanto agognata pensione. Perché il lavoratore possa aderire è necessario l’assenso sia suo che dell’impresa. E qui nascono i problemi: il pensionando deve rinunciare ad una quota sostanziosa dello stipendio, mentre il datore di lavoro è costretto a pagare una quota ulteriore rispetto alle ore lavorate. L’opzione, insomma, conviene solo a chi è davvero vicinissimo alla pensione ben prima della scadenza del 2018.
Ecco spiegato allora perché, rispetto ai 30mila lavoratori che Poletti era certo avrebbe scelto questa strada, le richieste sono state sensibilmente inferiori: da giugno 2016, quando il decreto attuativo è entrato in vigore, ad oggi sono solo 200 le domande giunte all’ente previdenziale. Come previsto, tra l’altro: se i sindacati parlavano di “pannicello caldo”, il presidente Inps Tito Boeri era stato più esplicito non dicendosi convinto degli “interventi estemporanei e parziali” con “costi amministrativi superiori alle somme erogate”.
Filippo Burla