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Occupazione e Jobs Act: l’Istat (e non solo) sbugiarda Renzi

by Salvatore Recupero
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Il premier Matteo Renzi durante la conferenza stampa al termine del Consiglio dei Ministri, Roma, 20 febbraio 2015. ANSA/ ALESSANDRO DI MEO

Roma, 10 mar- Ieri l’Istat ha pubblicato la nota mensile di febbraio sull’andamento dell’economia italiana. In questo studio si analizza lo stato dell’economia italiana nel contesto europeo. Si parla di imprese, famiglie e lavoro.  I dati sulla previsione di crescita del Pil nel primo trimestre del 2016, come sempre, vedono l’Italia arrancare con un misero +0,1%. Ma, per controbilanciare questo dato negativo i commenti degli esponenti del governo si sono concentrati sui dati che riguardano l’occupazione. Secondo l’Istat, infatti, si registra un “un miglioramento dell’occupazione, soprattutto quella a tempo indeterminato, favorita anche dai provvedimenti di sostegno alle assunzioni”. Secondo Renzi, questi risultati testimoniano il successo del jobs act. Lo stesso studio dell’Istat smentisce però, il Governo. Infatti, ciò che spingerebbe gli imprenditori ad assumere non è la nuova regolamentazione del mercato del lavoro ma gli incentivi alle imprese. Questo tema era stato affrontato da Filippo Burla su questo sito, giungendo alle medesime conclusioni dell’istituto di statistica.

Andiamo con ordine. La Legge di Stabilità del 2015 (L.190/2014) ha introdotto uno sgravio contributivo per le assunzioni a tempo indeterminato effettuate nel corso dell’anno, della durata di tre anni (prorogato, in misura ridotta, anche per le assunzioni effettuate nel 2016). A decorrere dal 7 marzo dello stesso anno, ai lavoratori subordinati assunti a tempo indeterminato si applica inoltre il c.d. “Contratto a tutele crescenti” (D.Lgs. n. 23/15) con cui si è introdotta una nuova disciplina dei licenziamenti. Da una parte come si vede abbiamo gli sgravi contributivi temporanei, dall’altra il Contratto a tutele crescenti. L’Istat, attraverso il “Modulo qualitativo ad hoc sulla mani-fattura e i servizi di mercato”, ha chiesto direttamente agli imprenditori il motivo delle nuove assunzioni. Vediamo nel dettaglio le risposte dei datori di lavori. Per la metà delle imprese manifatturiere, che hanno dichiarato un aumento dell’occupazione tra gennaio e novembre 2015, gli esoneri contributivi hanno costituito un elemento rilevante. Meno positivo il ruolo esercitato dal nuovo contratto a tutele crescenti: “tra le imprese della manifattura che hanno fatto ricorso a nuovo personale, esso è stato giudicato molto o abbastanza im-portante ai fini dell’assunzione dal 35% delle imprese, soprattutto nel settore dei mezzi di trasporto”.

Quindi, solo un imprenditore su tre di quelli che hanno assunto lo ha fatto spinto dal jobs act. Osserviamo poi i dati del terziario. Qui, gli esoneri contributivi sono stati un fattore molto rilevante per il 61%. La quota di chi ha giudicato la normativa molto o abbastanza rilevante nella decisione di assumere è stata pari al 49,5%, soprattutto tra le aziende del settore informazione e comunicazione, contro il 40% delle imprese che hanno dichiarato una scarsa o nulla rilevanza. È importante capire la differenza di percezione tra chi opera nel terziario e chi nel settore manifatturiero sul ruolo del jobs act. Il terziario, infatti, per sua natura ha sempre volumi di lavoro variabili. Sapere, quindi, che si può assumere qualcuno con gli sgravi fiscali e licenziarlo senza giusta causa è di certo una misura vista di buon occhio da chi opera in questo settore. Ma, la riflessioneva ampliata.

In un periodo di contrazione dell’economia eliminare le tutele rischia di indebolire sempre di più i lavoratori dipendenti danneggiando nel complesso tutta la classe media. Per non essere prigionieri dello zero virgola serve una forte riduzione del carico fiscale e di notevoli investimenti pubblici. A dirlo è anche il segretario della Cgia, Renato Mason. Mason commentando i dati dell’Istat ha detto che: “Se il Paese vuole lasciarsi definitivamente alle spalle la crisi che, praticamente, ci attanaglia dal 2008, non abbiamo scelta. Dobbiamo abbassare drasticamente le tasse, razionalizzare la spesa pubblica e, in particolar modo, rilanciare gli investimenti pubblici. Altrimenti rischiamo di scivolare in una fase di stagnazione economica molto preoccupante.”Anche a Bruxelles la pensano come a Mestre.  Ieri il governo ha ricevuto una bacchettata dalla Commissione Europea. Secondo la Commissione dell’Unione Europea: “In Italia gli squilibri macroeconomici, debito pubblico e tasso di disoccupazione in primis restano eccessivi”.  Le riforme del governo italiano non superano il test dell’Ue. È  stata evitata la procedura di infrazione, nonostante il richiamo ufficializzato ieri con una lettera, per gli aggiustamenti c’è tempo fino ad aprile. Eccolo, dunque, il miracolo di Renzi: ha messo d’accordo gli artigiani di Mestre con i burocrati di Bruxelles.

Salvatore Recupero

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