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Oto Melara e Wass, così l’Italia rischia di perdere due realtà strategiche

by Filippo Burla
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Oto Melara, strategica

Roma, 14 nov – Poteva il vile affarista, una volta insediatosi a Palazzo Chigi, tradire il ruolo di (parole sempre dell’ex presidente Cossiga) liquidatore dell’industria pubblica italiana? Non era una partecipata statale e non faceva parte del settore “industriale” in senso stretto, ma la vicenda Creval già offriva un’idea della linea che il governo Draghi aveva intenzione di tenere. In particolar modo per quanto riguarda i rapporti con l’estero. Là dove, adesso, potrebbero finire Oto Melara e Wass.

Da tempo Leonardo ha messo in vendita Sistemi di Difesa, la divisione aziendale nella quale sono confluite le due realtà dopo la riorganizzazione del 2016. Oto Melara, con circa 1000 dipendenti tra le sedi di La Spezia e Brescia, realizza sistemi d’arma. Tra essi il cannone Otobreda 76/62, venduto a oltre 50 marine del mondo. Wass, invece, è leader nella produzione di siluri, sonar e roni subacquei. Perché cederle, tanto più a fronte di risultati più che lusinghieri in specie per la prima? La stima del potenziale incasso per Leonardo si aggira attorno ai 500 milioni di euro, somma che l’ex Finmeccanica utilizzerebbe per consolidare la sua presenza in altri settori.

Chi comprerà Oto Melara e Wass?

Non basta però vendere, bisogna anche farlo bene. In particolare quando si parla di delicati settori strategici. Inizialmente le due realtà sembravano poter far gola a Fincantieri, che avrebbe così conseguito una maggiore integrazione verticale nel comparto militare navale. Conseguendo sinergie anche dal punto di vista territoriale visto che, a pochi km di distanza dalla sede spezzina di Oto Melara si assemblano (nei cantieri di Riva Trigoso) le fregate classe Fremm.

Negli ultimi giorni, tuttavia, l’interesse della società guidata da Giuseppe Bono pare essere scemato. Al suo posto si è concretizzata l’offerta di Knds, consorzio franco tedesco con sede in Olanda. Le ambizioni sembrano quelle della nascita di un polo europeo. Oviamente facendo acquisti in (e quindi a scapito dell’) Italia. C’è però un’altra opzione sul tavolo: quella del gruppo tedesco Hensoldt, in cui Leonardo detiene dallo scorso aprile una partecipazione pari al 25,1%. L’operazione – che ancora è in fase di perfezionamento – è costata all’incirca quanto il valore stimato di Oto Melara – Wass. Non è quindi escluso che si possa addivenire ad una sorta di “baratto”. Starà al governo decidere se essere protagonisti o, di nuovo, preda.

Filippo Burla

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