Roma, 18 gen – Per molti sembreranno fuori dal tempo, oggetti d’arredo al più, ma pochi sono quelli informati sullo stato di salute delle pipe artigianali italiane: un eccellenza ammirata, desiderata e acquistata in tutto il mondo con numeri che sono in costante crescita.
La pipa arriva in Italia nel ‘500 con il tabacco. Sono pipe in terracotta; piccole, semplici, ma già funzionali. Il loro basso costo, la facilità di fabbricazione, l’estetica sempre accattivante, invogliavano a farne uso, anche se la durata era piuttosto limitata a causa della fragilità del materiale. Verso il 1850-60, con l’impiego di un nuovo legno durissimo e dalla venatura particolare, la radica (erica arborea, un arbusto che cresce solo sulle sponde del Mediterraneo), la pipa venne prodotta con l’ausilio di torni e macchine all’uopo fabbricate. I primi furono i francesi a Saint-Claude nel Jura; poi subito gli italiani. Val la pena di ricordare la Fabbrica Rossi di Molina di Barasso (Varese) che arrivò, nel periodo del suo massimo splendore, a produrre oltre 50.000 pezzi al giorno impiegando circa 800 operai. Si era attorno al 1900. Un primato mai superato nel mondo. Oggi di pipe in radica se ne producono in vari stati d’Europa, ma l’Italia vanta il primato delle cosiddette pipe fatte a mano prodotte da validi ed insuperabili artigiani. Molto conosciute sono anche le classiche pipe inglesi richieste dai più snob, le tradizionali pipe francesi e le avveniristiche danesi.
Artigiani di pipe in Italia se ne trovano un po’ dappertutto lungo lo Stivale. Da Amorelli che si trova a Caltanissetta in Sicilia, sino ad arrivare alle sublimi prodotte da Ascorti nel laboratorio di Cucciago in provincia di Como, passando per la scuola pesarese che racchiude marchi di prestigio come L’Anatra dalle Uova d’oro, Mastro de Paja, Ser Jacopo e Regina Scarlatta. Quel che accomuna tutti è l’interesse mondiale che ruota attorno alle produzioni di questi laboratori artigianali. Basti pensare che al Chicago Pipe Show 2016, che è una delle fiere più importanti del settore, erano presenti più di venti marchi italiani. Una fiera che peraltro ha fatto registrare il tutto esaurito, sia in termini di presenze di pubblico, che di espositori. “Tutti gli artigiani italiani hanno richieste in aumento” ci confida Luca Di Piazza, proprietario del sito di e-commerce Neatpipes. “Radice, Cavicchi, Rinaldo, Don Carlos, Jacono, Posella, Le Nuvole, Iafisco. Si parla di “botteghe” che producono tra i 150 e 1.300 pezzi all’anno. Ma anche la più nota Savinelli, che dà lavoro a 40 persone e sforna 100 mila pipe annue, da due, tre anni incrementa il proprio fatturato grazie soprattutto ai mercati di Usa e Cina“. Quasi l’80% delle pipe artigianali prodotte in Italia vanno all’estero. “Se gli americani sono grandi collezionisti, i cinesi vogliono pipe con argento, oro, pietre. Ai matrimoni dei ricchi ne regalano una agli invitati. Ma per fumarla devono poi comprarsi i tabacchi online dagli Usa“, racconta Franco Coppo, patron delle blasonate Castello di Cantù.
Il Made in Italy, anche in un settore di nicchia come quello delle pipe, fa ancora brand e vende parecchio. Il mercato interno viceversa vive grazie agli appassionati, ai cultori e ai collezionisti ma dall’introduzione della legge Sirchia (la legge antifumo nei locali pubblici) il declino è stato inesorabile. La pipa a differenza della sigaretta va gustata e fumata lentamente e per questo meno incline ad essere usata mentre si cammina per strada ma più indicata per luoghi di convivialità come i ristoranti o le caffetterie. C’è da dire che la pipa peraltro va in controtendenza rispetto ai ritmi frenetici a cui spesso siamo sottoposti nelle grandi città e per questo relegata, tra gli appassionati, ad angoli di piacere ritagliati durante l’arco della giornata. Ma che l’uso sia ancora vivo nella nostra nazione ce lo confermano i numerosi forum e blog presenti in rete. Il ricambio generazionale c’è già stato ed è ancora in atto.
L’uso delle nuove tecnologie non viene nemmeno disdegnato dagli artigiani italiani della pipa. Paronelli, che da tre generazioni produce eccellenze dalla radica, gestisce anche un museo della pipa a Gavirate (Varese) e poggia una parte del suo business su Facebook. La Rete raccoglie le passioni di uno zoccolo duro di appassionati tra i 25 e i 45 anni. “Oggi sono loro, i giovani, che comprano“, testimonia ancora Di Piazza, “maschi soprattutto, che si scambiano informazioni sulle forme delle pipe, gli artigiani, i prezzi, i tabacchi, la radica o altri materiali; sui trucchi per la manutenzione o la sanitarizzazione dei pezzi comprati su eBay da fumatori americani, grandi consumatori di tabacchi aromatizzati, quelli più impregnanti“. Anche gli artigiani che lavorano da soli hanno trovato sul web una vetrina preziosa. Giovani come Giacomo Penzo, un ragazzo vicentino di 25 anni, Enzo Dattilo (Brumantica), Cristian Galeazzi (Regina Scarlatta), che si sfidano addirittura a colpi di billiard o di bent dublin sui forum, mettendo i propri lavori all’asta a cifre minime per gli utenti del sito. Chicche per i collezionisti, che pure non si fanno troppi problemi di prezzo. Del resto, è quasi inevitabile sfociare nel collezionismo quando si entra nel mondo della pipa. E quella artigianale italiana è un’eccellenza di cui possiamo vantarci.
Giuseppe Maneggio
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4 comments
Io sono uno di tali appassionati. Uno dei miei sogni è riuscire a comprarmi una Savinelli “Long John”, che nel nome (e nella forma) vuole rievocare il ben noto personaggio co-protagonista de “L’ Isola del Tesoro” di R.L. Stevenson.
Anche in fatto di pippe, noi italiani non scherziamo.
Articolo interessante che sottolinea comel’hand made Italiano sia sempre ai vertici mondiali anche in campi meno seguiti come puo’ essere quello della pipa.Fa bene Maneggio a sottolineare,appunto,lo show di Chicago 2016,dove facevano bella mostra di se le pipe hand made in Italy ricavate da radiche uniche con le quali vengono prodotte anche le migliori pipe Inglesi e Danesi.Come dice Luca Di Piazza c’e’ stato ed e’ ancora in corso un ricambio generazionale;fatto molto importante perche’ l’interesse per la pipa non e’ piu’ solo dei fumatori vecchia scuola o esperti collezionisti ,ma anche dei giovani che iniziano ad apprezzare valori che stavano scomparendo,vedendo nella pipa un oggetto rustico dal sapore retro’ e vintage.La pipa oggi va quindi rivista e rivalutata(in parte anche reinventata)e non piu’ considerata oggetto solo di lusso o di nicchia.Il mercato offre ormai diversi brand ed in Italia abbiamo solo l’imbarazzo della scelta:possiamo comprare pipe da hobbysti che riescono a proporre prodotti validi ad un prezzo non proibitivo(vedere i vari Piero Vitale,Urlik,Gatto con la pipa,In fumo veritas,La Biota,ecc..)fino ad arrivare ai marchi storici e celebri in tutto il mondo come Castello,Caminetto,Ardor e molte altri.Per chi volesse entrare a contatto con questo intrigante mondo vedendo e toccando con mano queste creazioni puo’ venire alla mostra mercato Pipemakers il 7,8,9 Luglio a Spilamberto(Mo) info su neverathome.it
Articolo molto interessannte per la sua storia e cultura. Sebbene oggi si vive di corsa, spero che la pipa non debba morire mai. Il piacere di gustarla in santa pace in una piazza di caffetteria, è inappagabile rispetto la tradizuonale sugaretta, mordi e fuggi. (Alberto S.)