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Poste e privatizzazioni: fondi sovrani… a casa nostra

by Salvatore Recupero
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fondi-di-investimento-sovrani[1]Milano, 25 ott – Domani le azioni di Poste italiane saranno ufficialmente contrattate a Piazza Affari. Il prezzo di partenza (6.75 euro) varierà in base alla legge della domanda e dell’offerta. Chi ha aderito all’Ipo (Initial public offering) potrà acquistare o vendere le azioni.

L’operazione è stata accolta con grande entusiasmo dagli operatori finanziari. La domanda dei titoli azionari è stata tre volte superiore l’offerta. Il nostro ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, non riesce a nascondere il suo entusiasmo: “La privatizzazione di Poste Italiane è stata un grande successo. L’operazione è una parte importante della strategia del governo e va considerata come una riforma strutturale”. Eppure qualche dubbio sulla reale efficacia di quest’operazione non manca. Vedi anche: Poste Italiane: la cessione è una svendita. Ecco perché

Sappiamo bene, dunque, come nel nostro Paese hanno funzionato le privatizzazioni o le liberalizzazioni.  Ma, i rischi di questa scelta non sono solo di natura contabile.  A dettar legge saranno le new entry nel capitale di Poste Italiane, ossia i quattro fondi sovrani che si affacciano nell’azionariato della società: il China Investment Corporation (Cic), lo State Administration of Foreign Exchange (Safe), controllato dalla Banca centrale cinese, la Kuwait Investment Authority (attraverso il Kuwait investment office) e il fondo pensione governativo norvegese Norges Bank. A seguire nella lista degli investitori possiamo annoverare altri importanti soggetti della finanza internazionale: Blackrock, Fidelity, Amber Capital, Harvard management e poi il finanziere George Soros. Non mancano gli italiani: Pioneer (Unicredit), Kairos, Azimut, Generali, IntesaSanPaolo. Purtroppo, però, a farla da padrone saranno gli stranieri. Infatti, agli investitori esteri è andato circa il 94% delle azioni in vendita, mentre il restante 6 per cento è stato assegnato agli italiani.

Mentre Padoan esulta, il nostro premier gode come un riccio. Per Renzi: “L’operazione Poste e quella Ferrari mostrano che c’è una grande voglia di Italia nel mondo”.  Per accontentare tutti, quindi abbiamo ben pensato di mettere gli assets strategici della nostra economia sugli scaffali di un supermercato.

Ma, il meglio deve ancora arrivare. Questo, infatti, è solo il primo atto di un’operazione di dismissione che punta a mettere sul mercato tutte le grandi partecipazioni del Ministero dell’Economia e della Finanza. a breve assisteremo al collocamento di Enav (la società dei controllori di volo) e delle Ferrovie dello Stato. Rimangono, ancora, nel portafogli del Mef le quote di Eni, Enel, Finmeccanica, Cassa Depositi e Prestiti, e Anas. Insomma, per usare le parole di Renzi, possiamo saziare questa grande voglia d’Italia che c’è nel mondo.

Per comprendere il ruolo che i fondi sovrani esercitano nella nostra economia è bene definire la loro natura. Secondo la definizione della Treccani sono: “Fondi di investimento di proprietà statale che effettuano operazioni per lo più riguardanti attività finanziarie estere − opportunamente diversificate − con obiettivi di lungo periodo”.

fondi-sovrani-scheda[1]A Piazza Affari negli ultimi tre anni gli investimenti di questi fondi sono cresciuti del 56% e sono destinati a un’ulteriore accelerazione proprio in relazione a operazioni di collocamento sul mercato come Poste (dove China Investment Corporation o People’s Bank of China potrebbero aggiudicarsi dal 2 al 5%).  Possono contare su un patrimonio valutato in 4.500 miliardi (il doppio del nostro Pil), in Italia hanno investito finora circa 19 miliardi, pari a circa il 3,2% della capitalizzazione complessiva della Borsa, che si aggira sui 580 miliardi.

Attenzione, però, qui non si parla di grandi multinazionali. Questi soggetti hanno una natura ibrida: si muovono nel mercato come soggetti privatistici ma sono in mano ad alcuni stati.  Si tratta di una sorte di colonialismo economico nei nostri confronti.

A cosa, dunque, è dovuta l’esultanza di Renzi e Padoan? Semplice! Essi cercano di vendere l’Italia al miglior offerente. Il Bel Paese deve essere una specie di museo a cielo aperto. Vivremo delle glorie del Passato. Non si tratta di complottismo ma di constatazioni di fatto.

Lo scorso 30 settembre, nel corso del forum dell’associazione che riunisce 29 fra i maggiori fondi sovrani internazionali, Padoan pronunciava queste parole: “L’Italia è aperta agli investitori internazionali soprattutto di lungo termine. Le opportunità di investimento per i fondi sovrani ci sono, il rischio è quello di esitare a coglierle. L’Italia è il posto dove le relazioni tra pubblico e privato possano diventare le più profittevoli in assoluto”.

“Venghino Signori, Venghino!  Causa crisi liquidiamo tutto”. Parola di un ministro della Repubblica fondata sulla cupidigia di servilismo.

Salvatore Recupero

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