Intervistato dal Tg1 sul tema della legge di stabilità recentemente approvata, il titolare del dicastero di via XX Settembre ha spiegato che «Le privatizzazioni vanno avanti e coinvolgono varie imprese partecipate». Prima in lista sarebbe Enel, per la quale «le operazioni saranno a breve». La cessione di una parte del 31% circa direttamente posseduto dallo Stato doveva avvenire entro l’anno, ma gli attuali valori di borsa hanno fatto slittare la vendita. Seguono poi Poste Italiane e Ferrovie dello Stato, accanto ad Enav.
I motivi dell’accelerazione sono presto detti: «Le privatizzazioni servono a due cose: naturalmente risorse per l’abbattimento del debito, ma anche e direi soprattutto esposizione al mercato e quindi maggiore efficienza nella fornitura dei servizi».
Con le operazioni che coinvolgono le aziende citate si puntano a raccogliere almeno 10 miliardi. Ammesso e non concesso che non si replichi la magra figura fatta con la quotazione di Fincantieri (guadagno netto per le casse dell’erario: zero), sul totale di 2200 miliardi di debito pubblico attualmente in circolazione i 10 suddetti implicherebbero una riduzione pari allo 0.0045% del totale.
Una strada, quella tracciata dal ministro, già percorsa nel recente passato e che non ha storicamente prodotto più che qualche scarso effetto. Cambiando l’ordine degli addendi il risultato non cambia. In specie se gli addendi comprendono la rinuncia a quote di utili che negli anni hanno garantito ossigeno alle magre finanze pubbliche.
Filippo Burla