Roma, 30 ago – Il nostro premier Matteo Renzi ha una cultura umanistica. Ergo, non ha molta confidenza con i numeri. Per Renzi il rischio di prendere fischi per fiaschi è dietro l’angolo. Ma, da oggi, finite le vacanze estive, bisognerà esser più cauti. La scorsa settimana si è assistito ad un balletto di cifre veramente pietoso.
Andiamo con ordine. Qualche giorno fa il ministero del Lavoro ha dato delle cifre sull’occupazione davvero confortanti: 1.195.681 il numero di contratti avviati al netto delle cessazioni tra gennaio e luglio di quest’anno. Sembrava essere una svolta ma in realtà era una svista. Alcuni quotidiani, infatti, denunciavano la discrepanza dei dati pubblicati nella tabella del Ministero e quelli che era possibile ricostruire attraverso le note mensili. La somma non fa il totale come diceva Totò. Il totale relativo a tutte le tipologie contrattuali, infatti, si nota che i nuovi rapporti netti di lavoro sono 1.136.172 al netto delle cessazioni. Inoltre, la composizione per tipologia si nota che solo il 10% dei contratti sono a tempo indeterminato, l’87.3% a termine. Alla faccia del Jobs Act. In realtà, i tecnici del Ministero del Lavoro non sono soli.
Infatti, anche al centro studi dell’Associazione Bancaria Italiana non hanno fatto una bella figura. Giovedì scorso, l’Abi dichiara che: “I finanziamenti alle imprese hanno segnato nei primi sette mesi del 2015 un incremento del 16% sullo stesso periodo del 2014”. Le banche, dunque, al fianco delle imprese grazie alle riforme del Governo Renzi. A rompere le uova nel paniere al Pd ci ha pensato Massimiliano Dona, Segretario dell’Unione Nazionale Consumatori: “Questi dati sono incompatibili con quelli di Bankitalia, ossia con i dati ufficiali ed effettivi”. Infatti, i dati di Bankitalia, considerando le variazioni percentuali nei dodici mesi, i prestiti al settore privato sono scesi dell’1,8% a gennaio, del 2% a febbraio, dell’1,4% a marzo ed aprile, dell’1,2% a maggio, dell’1% a giugno, ultimo mese reso noto da Bankitalia. Anche in questo caso la matematica diventa un’opinione.
La settimana si chiude con un altro dato incoraggiante: secondo l’Istat nel mese di agosto è cresciuta la fiducia dei consumatori. In realtà l’Istituto Nazionale di Statistica, pubblica dei dati parziali che hanno un senso solo se messi in relazione con altri fatti.
Le associazioni dei consumatori che non sono affatto ottimiste affermano che si tratta di un semplice rimbalzo dopo un triennio in cui i consumi sono diminuiti del 10% pari ad una contrazione complessiva della spesa di circa 78 miliardi di euro.
La comunicazione politica, oggi, corre sui social; ha bisogno di dati e di numeri freschi per galvanizzare i propri followers. Fin qui rimaniamo nel campo della propaganda politica.
In realtà, però, si tratta solo di armi di distrazioni di massa. Si cerca di far passare il messaggio che il governo può cambiare le sorti del Paese e i dati sono lì a dimostrarlo. Ma, in verità, non è così. Purtroppo, la politica nazionale è completamente subordinata ai poteri economici italiani e non. La sovranità in Italia è solo un lontano ricordo. Solo che è bene non farlo sapere in giro.
Salvatore Recupero
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