Roma, 3 feb – Vuoi la globalizzazione e il mercato comune? Gli investimenti diretti esteri non sono caritatevoli ma – e l’aveva già intuito Marx – seguono le migliori condizioni per poter fruttare. Portano forse qualche beneficio, anche se spesso con il fastidioso corollario di pratiche commerciali e industriali che definire scorrette è un pallido eufemismo. Tutto questo è Ryanair, il vettore irlandese che ha sì permesso ha centinaia di migliaia di persone di volare (molti per la prima volta) a basso costo e cambiando forse per sempre il settore del trasporto aereo, ma portando con sé una rivoluzione di schumpeteriana memoria la quale sembra però essere più distruttiva che creatrice.
Ultima notizia in ordine di tempo è che la compagnia ha deciso che da ottobre chiuderà due basi in Italia, tagliando 16 rotte e 600 posti di lavoro. Sacrificanti sull’altare delle scelte aggressive del fondatore Michael O’Leary sono gli scali di Alghero e Pescara, da cui i collegamenti verranno interrotti. A rischio anche il “Pitagora” di Crotone, che su Ryanair conta per la quasi totalità dei suoi voli. Nel mirino della società irlandese sono le tasse aeroportuali, che il governo ha deciso di portare da 6.5 a 9 euro per passeggero in partenza. Una crescita certo non indifferente, ma che allo stesso tempo non sembra giustificare una perdita di margini tale da rinunciare a 800mila passeggeri ogni anno. David O’Brien, direttore commerciale, tira invece dritto: “Non intendiamo finanziare l’Alitalia. Lo dovrebbe fare qualcuno ad Abu Dhabi, non certo noi”, ha spiegato polemicamente, riferendosi al fatto che le tasse finanziano il Fondo speciale per il trasporto trasporto aereo, che assiste principalmente ex dipendenti della fu compagnia di bandiera. Ma anche, è lecito supporre anche se da Dublino sembrano dimenticarsene, i 600 lavoratori che Ryanair lascerà a spasso dal prossimo autunno.
I tagli annunciati non saranno però una chiusura. Fedele alla filosofia di inseguire le migliori condizioni offerte generosamente dai governi, Ryanair sposterà le rotte dall’Italia a Spagna, Grecia e Portogallo, dove di tasse – ma lo ripetiamo: anche con l’aggravio impositivo, probabilmente la maggior parte delle rotte chiuse potrebbero essere comunque redditizie, anche se meno rispetto al passato – non se ne parla. E’ la guerra fra poveri dei cieli.
Filippo Burla
1 commento
La “giusta” conseguenza per aver costruito decine di aeroporti totalmente inutili (se non a scopo elettorale e d’interesse) invece di realizzare una rete organica di infrastrutture per il trasporto civile e commerciale su asfalto-ferrovia-mare-aria.
Aeroporti nelle sole città metropolitane bastano ed avanzano.