Roma, 13 mar – Due numeri: -17% e +60 punti base, rispettivamente il tracollo della borsa italiana e il clamoroso balzo dello spread Btp-Bund registrati ieri. Mai Piazza Affari aveva registrato un rosso così elevato e mai lo spread aveva visto una fiammata di questo genere, nemmeno nei drammatici giorni di novembre 2011. E’ in queste cifre la rappresentazione plastica dell’eurozona, che si appresta ad affrontare l’ennesima crisi della sua storia senza essere minimamente attrezzata per farlo. O meglio: senza una banca centrale che possa adempiere ai suoi compiti, come ha candidamente ammesso nientemeno che la presidente della Bce Christine Lagarde.

“Non siamo qui per ridurre gli spread”

Era il luglio del 2012 quando Mario Draghi pronunciò il famoso discorso del «Whatever it takes», sorta di manifesto programmatico con il quale il governatore della Bce assicurò che sarebbe stata fatta qualsiasi cosa pur di salvare la moneta unica. Una dichiarazione d’intenti non comune per il compassato mondo delle banche centrali, sufficiente però a placare l’agitazione sulle piazze finanziarie che dal quel momento non osarono più muovere un dito contro gli Stati dell’eurozona.

Ieri, in una manciata di secondi, Christine Lagarde ha demolito tutta l’impalcatura creata negli ultimi anni. Le è bastata una frase: “Non siamo qui per ridurre gli spread, ci sono altri strumenti ed altri soggetti per occuparsi di questi temi”. Poche parole, sufficienti a far crollare i mercati del vecchio continente come in un domino impazzito. Il motivo è presto detto: se la Bce afferma così platealmente di aver esaurito le munizioni, allora è tana libera tutti.

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Christine Lagarde, ovvero dell’inutilità della Bce

Di fatto, il governatore dell’Eurotower ha alzato bandiera bianca, affidando ai governi il compito di affrontare la questione: “La risposta deve essere anzitutto e principalmente di politica fiscale”, ha chiosato. Il cambio di paradigma non è da poco, dato che le politiche fiscali (sottinteso: espansive) rappresentano l’esatto contrario dell’austerità.

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Peccato per un piccolo particolare: gli Stati sono chiamati ad agire senza poter disporre della leva della politica monetaria. Senza cioè una banca centrale che, banalmente – ma nella cervellotica follia chiamata eurozona la “normalità” assume spesso e volentieri strane curvature -, compia il dovere proprio di un istituto di emissione: finanziare il deficit che consegue a politiche espansive acquistando i titoli di debito pubblico emessi allo scopo. Una funzione esplicitamente esclusa dallo Statuto della Bce: “L’obiettivo principale del SEBC [Sistema europeo delle banche centrali] – si legge all’articolo 2 – è il mantenimento della stabilità dei prezzi”, punto e basta. Qualora non fosse chiaro, l’articolo 21 fuga ogni dubbio: “[…] è vietata la concessione di scoperti di conto o qualsiasi altra forma di facilitazione creditizia da parte della Bce o da parte delle banche centrali nazionali, a istituzioni o agli organi della Comunità, alle amministrazioni statali, agli enti regionali, locali o altri enti pubblici, ad altri organismi di settore pubblico o ad imprese pubbliche degli Stati membri, così come l’acquisto diretto presso di essi di titoli di debito da parte della Bce o delle banche centrali nazionali”.

Detta in altre parole: Christine Lagarde da un lato invita gli Stati a spendere in manovre di stimolo, dall’altra li costringe a farlo reperendo le risorse su un mercato che lei stessa ha mandato in fibrillazione, facendo schizzare alle stelle i costi del finanziamento. C’è voluta un’epidemia per svelare finalmente la vera faccia della Bce.

Filippo Burla

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6 Commenti

  1. Atrenzione! Sottolineano l’incapacità (effettiva) della Lagarde per magnificare i trascorsi di un certo Mario Draghi…. La cosa é sospetta: vuoi mai che si preparino a lanciarlo per la corsa al Quirinale!?

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