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Smart, il ricatto: o la riduzione dei salari o la delocalizzazione

by Filippo Burla
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smart hambachParigi, 22 ott – La riduzione del salario o la delocalizzazione. E’ questa la scelta di fronte alla quale si sono trovati gli oltre 1200 lavoratori di”Smartville“, la fabbrica nella quale sono prodotte le Smart, le popolari auto a due posti. Siamo ad Hambach, piccolo comune della Lorena al confine con la Germania.

Dalla Daimler, la casa madre tedesca, è arrivata la proposta di aumentare le ore lavorative settimanali: da 37 a 39, mantenendo però pressoché lo stesso stipendio, che crescerebbe del 6% rispetto al 12% di aumento del carico di lavoro. Significa, se le proporzioni non sono un’opinione, rinunciare in sostanza ad una parte del salario. Scontato il “No” da parte di lavoratori e sindacati.

Il problema, spiegando dalla Daimler, sta nel garantire sostenibilità all’impianto, che è alle prese con un processo di riduzione dei costi con l’obiettivo di garantire la produzione fino al 2020. Ma c’è di più. Perché buona parte dello studio di analisi è stato condotto con riferimento agli stabilimenti di Novo Mesto (Slovenia), dove la Daimler assembla le Smart a quattro posti del modello “ForFour”. La fabbrica slovena è attiva dal 2010 e garantisce – grazie principalmente al più basso costo del lavoro – un costo di produzione a vettura pari a circa 600 euro in meno. Grazie al piano di aumento delle ore a (quasi) parità di stipendio sarebbe possibile ridurre questo divario Francia-Slovenia di quasi la metà. Garantendo così a Smartville di continuare a produrre fino al 2020.

Dalla delocalizzazione al trascinamento al ribasso dei salari e delle condizioni di lavoro, il passo è evidentemente più breve di quanto non si immagini.

L’alternativa, nel caso in cui il muro contro muro non dovesse portare ad alcun accordo? Sempre la delocalizzazione, sempre a Novo Mesto, dove l’impianto ha ancora una capacità potenziale per realizzare altre 250mila vetture Smart ogni anno. Giusto giusto, guarda il caso, quanto basta per assorbire la produzione di Hambach.

Filippo Burla

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