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Sostegni bis: ecco perché per molti imprenditori sarà una beffa

by Salvatore Recupero
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dl sostegni bis

Roma, 30 mag – Il 26 maggio è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il Decreto Sostegni bis (DL 25 maggio 2021, n.73). In esso troviamo “Misure urgenti connesse all’emergenza da COVID-19, per le imprese, il lavoro, i giovani, la salute e i servizi territoriali”. Insomma, ce n’è per tutti. Qualcuno, però, rimarrà deluso. I criteri introdotti rischiano infatti di penalizzare ingiustamente parecchi imprenditori.

Chi sono gli esclusi dal Sostegni bis?

Con il Dl Sostegni bis aumentano i destinatari degli aiuti a fondo perduto, almeno così parrebbe. L’articolo 1 esordisce così: “Al fine di sostenere gli operatori economici colpiti dall’emergenza epidemiologica Covid-19, è riconosciuto un ulteriore contributo a fondo perduto a favore di tutti i soggetti che hanno la partita Iva attiva alla data di entrata in vigore del presente decreto”. L’incipit fa ben sperare ma il diavolo si nasconde nei dettagli. Il comma 8 del medesimo articolo spegne gli entusiasmi. In esso, infatti, si specifica che: “Il contributo spetta a condizione che l’ammontare medio mensile del fatturato e dei corrispettivi del periodo dal 1° aprile 2020 al 31 marzo 2021 sia inferiore almeno del 30 per cento rispetto all’ammontare medio mensile del fatturato e dei corrispettivi del periodo dal 1° aprile 2019 al 31 marzo 2020”.

Poche righe che bastano per farci tornare con i piedi per terra. In pratica, l’indennizzo è basato su ciò che è avvenuto nel 2019. E cosa succede a chi, in quell’anno, ha aperto la partita iva o ha ristrutturato la sua attività? Semplice: non avendo avuto una perdita del fatturato pari al 30% non avranno accesso agli aiuti. Per correttezza va aggiunto che le start up hanno ricevuto qualcosa grazie ad una normativa ad hoc.

Un parametro errato crea nuovi esodati

Si tratta di una misura iniqua, anche se riguarda un numero limitato di imprenditori. A spiegarlo bene è Il Sole 24 Ore. Il quotidiano di Confindustria mette nel mirino un parametro che considera “l’economia reale delle piccole imprese come un mondo rigido, tutto uguale, fotografato in modo fedele dal confronto fra il fatturato pre-crisi e quello investito dalla pandemia”. La realtà è, infatti, complessa ed articolata. Il meccanismo, che avrebbe dovuto governare gli aiuti statali, ha penalizzato chi ha avuto semplicemente il torto di avviare un’attività nel momento sbagliato.

È necessario un correttivo per evitare che si creino dei nuovi esodati. Come ai tempi della Fornero chi era nato nell’anno sbagliato è stato pesantemente penalizzato dalla riforma voluta dalla docente universitaria piemontese. C’è anche da aggiungere che il danno non è limitato ai contributi a fondo perduto ma si estende al credito d’imposta sugli affitti contenuto nel Sostegni bis. Chi non accede ai finanziamenti di cui all’articolo 1, non avrà diritto al bonus sulla locazione. Una beffa doppia che, stranamente, non sconvolge nessuno.

La colpa di essere imprenditori

Sugli autonomi, infatti, pesa il marchio di essere degli evasori. In molti pensano che se i ristoratori sono in crisi non devono lagnarsi: potranno attingere al loro tesoretto nascosto al fisco. Questa percezione è rafforzata anche dai dati che forniti dalle istituzioni. Ad esempio, la Corte dei Conti (nel Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 2021) denuncia che il prelievo fiscale è “concentrato sui redditi da lavoro dipendente e pensione, piuttosto sbilanciato sui redditi medi. Il declino del peso dei redditi da lavoro sul Pil, la persistente e significativa evasione e il proliferare di trattamenti tributari differenziati contribuiscono a mettere in dubbio che si possa ancora parlare di prelievo ‘generale’ sui redditi”.

Qualche anima bella dirà che: “Pagano sempre gli stessi”. Il tema, però, è più complesso. Il livello di pressione fiscale è in continua crescita anche se gli strumenti per combattere l’evasione si fanno sempre più pervasivi. Esiste un problema di fondo che non si risolve stigmatizzando l’avidità degli imprenditori.

Detto questo, dobbiamo smontare il dogma che fa del lavoratore dipendente (o del pensionato) il contribuente onesto per eccellenza. Gli impiegati non evadono per la semplice ragione che non possono farlo: le tasse vengono trattenute dallo stipendio. Chi riceve la busta paga non è dunque un santo che mette mano al portafoglio per il bene della nazione. È un po’ come se un uomo dopo una lunga carcerazione si vantasse con la moglie per esserle stato fedele. Sembra una barzelletta ma gli imprenditori, rovinati pandemia e beffati dal Sostegni bis, non sorridono affatto.

Salvatore Recupero

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