Roma, 9 ott – Non c’è presidente del consiglio, ministro della Cultura e del Turismo, passando per i governatori e fino, soprattutto, ai sindaci, che non proclami che l’Italia potrebbe, in diversi modi “vivere di turismo” e che l’attrattiva dei flussi di visitatori è un valore aggiunto.
Tassa di soggiorno, un’imposta odiosa
Eppure, nonostante i proclami ed i buoni propositi, la tassa di soggiorno non è mai in cima all’agenda programmatica dei primi cittadini che hanno la competenza in materia. Si tratta di un’imposta datata: fu introdotta all’inizio del ‘900, potenziata negli anni trenta e definitivamente abolita nel 1989. Salvo tornare in auge di recente: nel 2011, nell’ambito delle disposizioni per il federalismo fiscale, ai comuni è stata data autonomia di istituire il balzello. Così, decine di consigli comunali hanno optato per il prelievo a carico di chi soggiorna, che può arrivare fino a 7 euro a notte nel caso di un hotel a 5 stelle nella capitale.
Una boccata d’ossigeno per i comuni
Secondo uno studio condotto da Federalberghi nel 2015 i comuni arriveranno ad intascare, grazie alla tassa di soggiorno, quasi mezzo miliardo di euro. Per la precisione 429 milioni di euro. Roma, Milano, Venzia e Firenze fanno la parte del leone, intascando oltre la metà della cifra.
I numeri sono in crescita: il gettito era 162 milioni nel 2012, è stato 248 nel 2013 e ha toccato i 337 nel 2014. Non aumenta – se non in alcuni casi – l’ammontare dell’imposta, ma cresce il numero di comuni che la applica. Segno che, per molte amministrazioni locali, la tassa di soggiorno rappresenta il puntello necessario per bilanci sempre traballanti.
Dove finisce la tassa di soggiorno?
Da previsione legislativa, i proventi dall’imposta dovrebbero essere destinati ” a finanziare interventi in materia di turismo, manutenzione, fruizione e recupero dei beni culturali e ambientali locali e dei relativi servizi pubblici locali”. Una logica che si vorrebbe di investimento virtuoso per attrarre sempre più turisti. Non esistono tuttavia precisi obblighi di rendicontazione, per cui le risorse sono utilizzate nelle maniere più varie, dalla viabilità agli eventi, dalla spesa corrente al wi-fi.
D’altronde, in tempi di continui tagli dal governo, sindaci e assessori devono arrangiarsi come posso. Sacrificando anche il turismo.
Filippo Burla