“Non c’è più sostegno politico della Francia a questi negoziati“, ha spiegato ad un’intervista radiofonica il sottosegretario al commercio internazionale, Matthias Fekl. La Francia, in sostanza, è intenzionata a chiedere un’interruzione a tempo indeterminato delle tornate di incontri. Non perché non condivida lo scopo del trattato, ma perché al momento le discussioni non sono condotte con Europa e Stati Uniti su pari livello. “Gli americani – ha continuato Fekl – non concedono nulla se non le briciole, ma non è così che si negozia fra alleati“. Da qui l’impossibilità, ribadita anche da Hollande, di chiudere entro breve termine: “E’ inutile alimentare l’illusione di un accordo prima della fine del mandato di Obama”, ha ammesso il presidente transalpino. E così, il 22 settembre, in occasione del consiglio europeo, la Francia formalizzerà la richiesta di bloccare l’iter fino a quando non si potrà riprendere su altre basi.
Una posizione, quella di Parigi, che trova sempre più consensi. Ad eccezione dell’Italia, che con il ministro per lo Sviluppo Economico ed ex rappresentante permanente presso l’Ue, Carlo Calenda, fa professione di ineluttabilità e fatalismo: “Il Ttip è inevitabile. Gli Stati Uniti sono i nostri principali partner economici e politici. Se non negoziamo con loro con chi altro dovremmo farlo?”. Ormai è rimasto solo lui a crederci.
Filippo Burla
Ti è piaciuto l’articolo?
Ogni riga che scriviamo è frutto dell’impegno e della passione di una testata che non ha né padrini né padroni.
Il Primato Nazionale è infatti una voce libera e indipendente. Ma libertà e indipendenza hanno un costo.
Aiutaci a proseguire il nostro lavoro attraverso un abbonamento o una donazione.