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L’Inter capolista sfida la Juve in un campionato sempre più livellato verso il basso

by Paolo Bargiggia
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Roma, 5 dic – Quelli che da quindici domeniche vanno in campo in serie A sono molto meglio dei dirigenti che li gestiscono e che invece perdono spesso la faccia e le partite di una politica federale che, fin qui, ha avuto un andamento pessimo e inversamente proporzionale all’equilibrio del campionato. L’Inter in testa alla classifica dopo il 5 a 0 sul Chievo è una notizia. Il Napoli sorpassato e battuto dalla Juve al San Paolo anche. Così come la costanza della Roma ad alti livelli e il caso Milan arricchitosi del primo punto lasciato al Benevento con Ringhio Gattuso in panchina.

L’INTER E LO SCUDETTO – La squadra di Spalletti è in testa alla classifica e, ad un’analisi attenta e in vista del big match a Torino con la Juve, potrebbe restarci anche fino a fine campionato tornando a vincere lo scudetto che sa ancora tanto di epoca morattiana. L’equilibrio delle prestazioni in campo e i numeri, alzano discretamente la quota-scudetto per la formazione di Spalletti che dopo 15 giornate è anche al terzo posto per rendimento nella storia della serie A a girone unico, preceduta soltanto dalla Juventus della stagione 1949/’50 e sempre dai bianconeri nel campionato 2013/’14. Proprio la Juve Acchiappatutto degli ultimi 6 scudetti consecutivi. Nella speciale classifica di rendimento si tiene conto dei punti fatti, delle vittorie, dei pareggi, delle sconfitte e della differenza reti tra gol fatti e subiti. In questa stagione, fin qui, il Napoli di Sarri che tanto aveva incantanto, nei numeri è al sesto posto per rendimento nella storia e la Juve che l’ha battuto 1 a 0 venerdì scorso è solo undicesima.

Numeri, ma non solo, per l’Inter di Spalletti. Anche qualche riflessione approfondita che in sede di mercato è sfuggita a tanti addetti ai lavori, abbagliati dalla faraonica campagna acquisti del Milan che, fin qui, si è rivelata un mezzo fallimento. L’Inter invece ha comprato poco e bene. E la volontà di Mr. Zhang di rispettare alla lettera il Financial Fair Play, entrando nel calcio europeo in punta di piedi sta pagando. Spalletti, che è sempre stato un buon allenatore, ma che a Milano ha anche trovato quell’equilibrio emotivo che a Roma sembrava aver perso spesso, si è ritrovato con in mano una squadra già piena di buoni giocatori ma troppo spesso rivoluzionata, specie nelle stagioni frenetiche e compulsive di Mancini; un’estate in più di lavoro per conoscersi dunque, mettere equilibrio e la scelta perfetta di tre acquisti poco reclamizzati perché poco costosi ma molto preziosi: Skriniar, Borja Valero e Vecino. Davvero tanta roba, adesso che Spalletti sta rilanciando anche quelli che sembravano finiti ai margini come Santon e Ranocchia. Complimenti a lui e occhio davvero all’Inter per lo scudetto perché non avere le Coppe, nel breve ovviamente, paga. Come avere a disposizione un centravanti della qualità di Icardi che, per capirci, per rendimento vale quando lo juventino Higuain. All’Inter pagano anche e soprattutto l’equilibrio e la precisa distribuzione dei ruoli dirigenziali in società; con la presenza defilata di Sabatini e l’ascesa con piena responsabilizzazione di un direttore sportivo che ha fatto la gavetta come Piero Ausilio; il tutto sotto la guida di Zhang junior.

IL RISVEGLIO DELLA JUVE – Ha vinto a Napoli, magari non vincerà lo scudetto numero 7 consecutivo ma è tornata a giocarsela. Allegri, a differenza di Sarri ha dimostrato nel tempo maggior duttilità e intelligenza tattica: ha cambiato modulo, ha utilizzato più giocatori anche se qualche volta forzatamente, ed è tornato in corsa. Se batte l’Inter ribalta tutti i pronostici; è la settimana del dentro o fuori in Champions e quindi è un momento delicato ma che può essere ancora una volta quello della Grande Svolta, dopo aver tirato il fiato in maniera comprensibile visto l’andamento delle ultime stagioni, con le due finali di Champions da non sottovalutare. Oltretutto, Allegri è molto bravo a dissimulare uno stato d’animo a volte non sempre sereno per la grande pressione che si sente addosso da parte della società con l’obbligo di provare a vincere sempre e dovunque, come se non bastasse mai.

IL FLOP DEL MILAN- Già più volte abbiamo raccontato di una situazione societaria delicata e passibile di qualsiasi mutamento, come un nuovo cambio di proprietà (se ne sta parlando ancora in questi giorni in merito al rifinanziamento del debito con il fondo Elliot), e il rendimento della squadra è direttamente proporzionale a quanto avviene a Casa Milan. E qui, anche chi scrive, come la maggior parte degli addetti ai lavori, deve recitare il mea culpa; evidentemente la Rivoluzione d’Estate sul mercato è stata più di immagine che di sostanza. Alla lunga si è capito che molti acquisti, a partire da quello di Chalanoglu, sono stati fin qui un abbaglio della dirigenza. L’ingaggio di Bonucci a conti fatti e visto il rendimento era da evitare: 40 milioni più bonus per un giocatore di 30 anni con ingaggio da 8 milioni a salire rappresentano fin qui una minusvalenza dal punto di vista sportivo ed economico. A spanne vale lo stesso discorso per Biglia: fin qui fragile fisicamente e non determinante. I soli Andrea Conti e Rodriguez sembrerebbero, per ragioni diverse, acquisti di un certo spessore; purtroppo l’ex dell’Atalatana si è fatto male seriamente. Kessie, Kalinic voluto fortemente da Montella (poi esonerato per coprire anche il debole mercato e non solo la mancanza di risultati), il pur giovane Andrè Silva, portato da Jorge Mendez, Borini e Musacchio rappresentano fin qui ingaggi da squadra di centro classifica.

CAMPIONATO INCERTO MA DI BASSO LIVELLO – Il Napoli ha perso al San Paolo con la Juve, è presto per fare un processo, ma stanno riaffiorando di colpo tutti i limiti del pur bravo Sarri, più che della rosa corta come dice qualcuno: il tecnico toscano fa giocare sempre gli stessi o quasi e sempre con lo stesso modulo, in pratica senza nessuna variazione sul tema. Vero, a grandi linee lo sta facendo anche Spalletti, ma il gioco dell’Inter è meno dispendioso e più impostato sulla fisicità. E poi, non ha le coppe. Ma nel Napoli Insigne ha giocato fin qui 60 gare da titolare: uno sproposito. Callejon ha 30 anni e gioca sempre. Troppi rischi di restare ancora fuori dal Sogno per il Napoli che sta provando a giocarsela anche in Champions. Dicevamo che il senso di tutto ciò è comunque un campionato finalmente più incerto perché equilibrato grazie al momentaneo rallentamento della Juve. Ma attenzione a cantare vittoria sul valore della nostra serie A che invece sembra essersi livellata ma sempre più verso il basso. Dove Benevento, Verona, Spal, Sassuolo, Crotone, Genoa, Udinese, Cagliari e Chievo fanno un campionato a parte. Poco sopra la soglia di “sussistenza” ci sono poi Torino, Atalanta, Bologna, Milan e Fiorentina. Il resto, il campionato vero, si sta giocando tra sei squadre partendo dalla basso con la Sampdoria per arrivare fino all’Inter capolista. Altro che campionato a 20 squadre: ci vorrebbe invece un taglio netto e ne abbiamo parlato a più riprese.

Paolo Bargiggia

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