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Care sardine, ripetere allo sfinimento che “Salvini è uno str**zo” non è una grande strategia

by Adriano Scianca
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Adriano Scianca, filosofo dagospia etica cancel culture

Roma, 10 dic – Ci ho provato, mi sono applicato, ho studiato, ma devo confessare che, a diverse settimane dalla loro esplosione mediatica, non ho ancora capito il senso dell’operazione delle Sardine. Per dirla più efficacemente, non ho ancora trovato la risposta alla domanda che Alessandro Sallusti fece in tv al sempre umile Mattia Santori: «Ok, avete detto che Salvini è uno stronzo, e poi?». E poi niente, comincio a sospettare che il loro programma sia tutto qui: ribadire fino allo sfinimento che Salvini è uno stronzo. Tesi non troppo originale, tuttavia, se è vero che negli ultimi cinque o sei anni non c’è stato scrittore, giornalista, artista, attore, pittore, regista, sociologo, sindacalista, ambientalista che non abbia cercato i suoi cinque minuti di gloria andando a sparare a zero contro Salvini davanti a un microfono. Un po’ poco, per costruirci su un’alternativa politica.

L’umiltà di Mattia Santori

Certo, ha stupito la sicumera con cui Santori ha cominciato a perculare Salvini, rispetto a una sinistra che ha sempre un po’ di complesso di inferiorità nei confronti del leader leghista, percepito inconsciamente come onnipotente. Che piglio, che coraggio, che sfrontatezza. Poi si è visto che il suddetto Santori parlava così anche di Renzi. Poi ha liquidato in poche battute Potere al popolo. Poi lo abbiamo visto tirarsela con Bonaccini. E insomma si è capito che non era un’ardita strategia mediatica, è proprio il modo di rapportarsi al prossimo di questo simpatico ragazzo. Del resto non si capisce il senso di un’operazione di decostruzione dell’infallibilità salviniana fatta da parte di un movimento che nasce proprio sull’onda di una serie di proteste contra personam, tant’è che, come è stato detto, alla fin fine non puoi dire Sardine senza dire anche Salvini. In un raro sprazzo di lucidità, persino Repubblica ha avanzato dubbi, in un editoriale di diversi giorni fa, su una strategia politica pensata come se Salvini fosse al governo (mentre, è bene ricordarlo, attualmente è all’opposizione), che rischia di tramutarsi nella più classica delle profezie autoavveranti.

Le sardine sono Antonio Conte della sinistra

Certo, la protesta delle Sardine è se non altro servita a dare entusiasmo a tutta una fetta di giovani scarsamente empatica rispetto alle logiche d’apparato del Pd. Si tratta, tuttavia, di una mobilitazione tutta interna alla sinistra (l’unico a pensare il contrario è l’ineffabile Filippo Rossi), che chiama a raccolta solo giovani che già votavano a sinistra. Insomma, le Sardine sono gli Antonio Conte della sinistra. Alla quale, tuttavia, serviva più un Beppe Marotta, cioè qualcuno che trovasse energie nuove, anziché ringalluzzire quelle già in organico. E con la differenza che nel calcio un giocatore ben motivato può anche rendere il doppio, mentre in politica il voto di un elettore scoraggiato e quello di un elettore entusiasta hanno lo stesso peso.

Ci stiamo avvicinando a piccoli passi alla grande verità. Che è la seguente: l’unico tangibile risultato delle Sardine è quello di polarizzare l’elettorato: pro Salvini o contro Salvini. Il che, lo capiscono tutti, fa solo il gioco di Salvini stesso. Polarizzare, infatti, conviene solo a chi possa contare su una qualche maggioranza virtuale da andare a solleticare. Salvini ce l’ha, le Sardine no. Il punto è, molto semplicemente, questo.

Adriano Scianca

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