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Quindici anni fa moriva Craxi. E la nostra sovranità

by La Redazione
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craxiRoma, 19 gen – 15 anni fa l’addio a Bettino Craxi. Un nome che continua ad affascinare e dividere le opinioni, un nome che nel bene e nel male ha segnato la storia italiana. Durante gli scandali di tangentopoli divenne il simbolo della corruzione politica del paese, seppellito dalle monetine lanciate davanti all’Hotel Raphael. Nel momento del suo ricordo, è questa la fotografia che affiora nell’immaginario dei grillini e dei migliori amici della magistratura, Travaglio in prima fila. Una descrizione semplicistica e auto assolutoria.

Nell’odierna e tragica «fine della sovranità» (Alain De Benoist) dello Stato, prigioniero dei mercati e dei giochi di potere stranieri, proprio il nome Craxi dovrebbe dirci qualcosa. L’autonomia prima di tutto. Il politico socialista fece dell’indipendenza una bandiera, prima come segretario di partito, poi come capo del governo. Alla guida del PSI riuscì nell’impresa di emancipare la sua formazione dall’oppressivo condizionamento del PCI, egemone a livello culturale e finanziario. Attraverso riflessioni e dibattiti plasmò un partito laico e pluralista, lontano dall’ipocrisia e dalla retorica comunista. Anzi, proprio il PCI divenne il maggiore nemico, incapace di accettare il protagonismo di una formazione che era sempre stata considerata solamente un “fratello minore” da controllare. Promuovendo la Biennale del Dissenso e candidando l’esule cecoslovacco Jiri Pelikan nelle sue liste, mise i comunisti italiani (presunti alfieri della libertà) davanti alle proprie contraddizioni. Da qui l’odio dell’intellighentia nostrana nei suoi confronti, che ancora oggi fatica a scemare.

Nelle vesti di capo del governo, accanto a una decisa scelta atlantica, mise in campo un carattere degno di nota. Sigonella rimane quale massimo esempio di orgoglio italiano dal dopoguerra a oggi: i carabinieri che allontanano i marines con i fucili spianati, sancendo il primato della nostra sovranità. Nel dibattito parlamentare che ne seguì, dimostrò la sua statura parlando di questioni mediorientali: «Io contesto all’OLP l’uso della lotta armata non perché ritenga che non ne abbia diritto, ma perché sono convinto che non porterà a nessuna soluzione. Non contesto la legittimità della lotta armata, che è cosa diversa. Quando Giuseppe Mazzini, nella sua solitudine, nel suo esilio, si macerava nell’ideale dell’unità ed era nella disperazione di come affrontare il potere, lui, uomo così nobile, così religioso, così idealista, concepiva e disegnava e progettava gli assassini politici. Questa è la verità della storia. E contestare a un movimento che voglia liberare il proprio Paese da un’occupazione straniera, la legittimità del ricorso alle armi, significa andare contro le leggi della storia». La proiezione mediterranea, l’eredità risorgimentale e il filo-arabismo erano d’altronde capisaldi della sua visione politica, e nelle difficoltà “occidentali” di questi giorni tornano alla ribalta come temi vitali per il nostro paese.

Anche a proposito di un’altra questione fondamentale, l’Ue, seppe essere profetico: ««Affidare effetti taumaturgici e miracolose resurrezioni alla moneta unica europea, dopo aver provveduto a isterilire, rinunciare, accrescere i conflitti sociali, è una fantastica illusione che i fatti e le realtà economiche e finanziarie del mondo non tarderanno a mettere in chiaro». Craxi aveva ben chiaro quali fossero i primi nemici della sua concezione di politique d’abord: «Sono oggi evidentissime le influenze determinanti di alcune lobbies economiche e finanziarie e di gruppi di potere oligarchici. A ciò si aggiunga la presenza sempre più pressante della finanza internazionale, il pericolo della svendita del patrimonio pubblico, mentre peraltro continua la quotidiana, demagogica esaltazione delle privatizzazioni». Frasi tratte dai suoi scritti dalla Tunisia, il paese che lo ospitò nel momento più difficile, quale segno di riconoscenza per il sostegno economico, politico e culturale del suo governo (1983 – 1987). Proprio ad Hammamet oggi molti ex compagni, guidati dalla figlia Stefania, lo ricordano. Senza dimenticare gli errori, sarebbe ora che anche l’Italia riscoprisse il lascito di uno statista che non dimenticò mai una delle prerogative fondamentali di uno Stato degno di questo nome: la sovranità.

Francesco Carlesi

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Giuliano Amato candidato Presidente della Repubblica | IL PRIMATO NAZIONALE 1 Febbraio 2015 - 6:57

[…] per tutte le stagioni e per tutte le repubbliche, fedelissimo di Craxi ma uno dei primi a defilarsi dopo le inchieste giudiziarie che posero fine alla sua fortuna politica (a questo proposito la figlia Stefania ha polemicamente […]

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