C’è chi, come Renzi, la butta sulla retorica: “La stabilità più importante è quella dei nostri figli prima ancora delle regole”, ha affermato il premier italiano, forse non capendo nemmeno lui cosa stesse dicendo di preciso. Da parte italiana le richieste sono vaghe: “Dobbiamo avere la consapevolezza del fatto che la filosofia dell’austerity non ha funzionato. Non lo dice il rappresentante del Governo italiano, lo dicono i dati. Serve ricominciare a crescere”, ha spiegato il presidente del consiglio mentre in testa gli balenava anche l’idea di brevettare l’acqua calda. Ma lo sa, Renzi, che in un regime di cambio fisso alla crescita si accompagna l’aumento degli acquisti sui mercati esteri, quindi un incremento del debito estero? “La Germania non rispetta le regole”, ha poi tuonato. Quali regole? Quelle sul surplus commerciale? E cosa dovrebbe fare, di grazia, stringere la cinghia attorno alle proprie imprese? Avviare trasferimenti di denaro verso gli altri paesi per compensare gli squilibri? Non lo farà mai e non basterà non presenziare alla conferenza stampa finale (ma questa è maleducazione, altro che) per farle cambiare idea. Perché – pur con tutti i distinguo del caso – dalle parti del Bundestag, grazie all’euro e alla guida autoassunta dell’Ue, hanno ripreso in mano quel poco di sovranità concessa. Affondando nella carne degli altri: la possibilità di affermarsi va, necessariamente, a scapito di qualcuno, specie se questo ha deciso sua sponte di collaborare senza condizioni.
A cercare di mediare – rimediando paradossalmente la figura meno barbina di tutti – è il presidente francese Hollande, che la butta sulla difesa comune facendo il vago in attesa di capire da che parte tirerà il vento anche per ragioni di elezioni interne. Nel marasma, quando tutti sono nani e non riescono a vedere oltre il proprio naso, chi riesce a salire di un paio di millimetri più degli altri rischia di fare quasi bella figura. Chi invece arriva e riparte molto ridimensionato è, ancora una volta, la Finlandia. Vi ricordate l’intransigenza di Helsinki? Volevano il Partenone a garanzia dei prestiti alla Grecia, hanno peccato di hybris toccando il sacro tempio e oggi si ritrovano in totale recessione mentre i loro vicini svedesi scoppiano di salute. E lo fanno ai loro danni. Perché fuori dall’euro (e dall’Ue), nonostante le paure recondite degli insicuri, c’è vita eccome. Al suo interno, invece, solo divisioni e guerre intestine. Quelle, per inciso, grazie anche alle quali l’Europa ha costruito civiltà per secoli. Forse non tutto il male che sgorga dall’incontro di Bratislava viene per nuocere.
Nicola Mattei
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