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Caso La Russa, ovvero quando le condanne senza processo diventano l’unica arma politica

by La Redazione
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Roma, 10 lug – Per capire quanto sia scaduto il dibattito politico in Italia e nei Paesi occidentali è sufficiente guardare a come fatti esclusivamente privati, riguardanti non uomini politici ma addirittura figli di uomini politici, vengono strumentalizzati dagli avversari. Si fa riferimento, ovviamente, al caso del figlio di Ignazio La Russa, Leonardo, il quale è accusato da una giovane di aver abusato di lei dopo una serata in discoteca. Un altro caso recente, che ha suscitato grande scalpore, ha riguardato il figlio di Beppe Grillo, il quale figlio di Beppe Grillo è stato accusato, insieme ad alcuni compagnoni, di aver abusato, insieme (dunque, in un’orgia), di una ragazza, la quale è appunto l’accusatrice. 

Non solo caso La Russa, quando sesso e (presunti) stupri diventano un’arma politica per attaccare gli avversari

La trafila è ormai nota al grande pubblico. C’è un’accusa, vengono presentate le circostante, si sentono le parole tanto dell’accusato quanto, soprattutto, del padre, il quale padre ovviamente difende il figlio, sottolineando per esempio il fatto che l’accusatrice era drogata, che esiste un video – perché, sì, l’orgia cui partecipò il figlio di Grillo fu addirittura ripresa con il cellulare di uno dei partecipanti – che dimostrerebbe che la partecipante era consenziente, ecc. Poi, dopo queste parole, scoppia la bomba: cavalcando l’indignazione popolare, il senso di moralità dell’opinione pubblica, arrivano soprattutto donne della politica – perché, se è un uomo a dirlo, le parole valgono di meno – che sottolineano che non si può, a priori non si può, sottolineare che ci sono delle incrinature nella versione narrata dall’accusatrice, perché la donna ha sempre, a priori, ragione.

Queste accuse aprono il campo a tutta una serie di interventi di persone interessate, le quali si gettano a rilasciare interviste, a fare interventi, a dire la loro, a gridare alla violenza sulle donne (quando i dati dimostrano che il femminicidio, tanto per citare uno dei, brutti, neologismi di oggi, sono in nettissimo calo rispetto al passato). E allora poi si cominciano a sottolineare le coincidenze: è mai possibile che queste accuse arrivino proprio quando il papà di tal dei tali è in quella o quell’altra posizione di potere? Tutte calunnie, come ci si permette di dubitare della testimonianza della vittima? Beh, ce lo si permette perché le inchieste, appunto, servono a questo. Ci sono molti e, ancor più, molte che vorrebbero una condanna senza processo di fronte all’accusa di stupro; per fortuna, però, siamo ancora in un regime dove vige il diritto, e dove una persona viene condannata dopo un processo. Vedremo come finiranno i due casi che abbiamo citato.

Il fatto che queste accuse, vere o false che siano, vengano brutalmente e spudoratamente strumentalizzate nel dibattito politico la dice lunga non solo sull’assenza di argomenti della classe politica ma anche sul grado di oscurantismo e bigottismo nel quale la società sta cadendo. È dimostrato che le generazioni di oggi fanno meno sesso di quelle del passato; peccato che – e qui sta il paradosso – di sesso si continua a parlare. Non è certamente la prima volta che il sesso viene usato in politica. Ricordiamoci che solo due presidenti Usa hanno subito l’impeachment: uno perché usava metodi illegali per spiare i suoi avversari politici; l’altro perché si è fatto praticare una fellatio da una stagista nello Studio Ovale. Oppure, ricordiamoci di Tarquinio il Superbo, allontanato da Roma perché accusato di aver violentato Lucrezia. Oppure, ancora, che dire della campagna per la presidenza Usa attualmente in corso, che è incentrata – si noti: la campagna per la presidenza della più importante democrazia del mondo – sulle avventure sessuali di Trump con una pornostar venti anni fa?

Come si è giunti a questo? Grazie a un deliberato spostamento dell’attenzione da parte di una certa ala politica, la sinistra appunto, su temi che toccano la pancia delle persone e che fanno leva sulla dignità morale – loro, i predicatori del libero amore: siamo al paradosso ancora una volta – degli italiani (che conosciamo bene). Non si ha citato il caso più eclatante, quello di Berlusconi: a corto di qualsiasi argomento per contrastarlo, per dodici anni la sinistra ha incentrato la sua opposizione su una e una sola faccenda, cioè le avventure sessuali del capo di Fininvest (e poi si domandano perché non sono mai andati al governo senza larghe maggioranze). 

Le accuse di stupro a personaggi famosi sono diventate ormai un’abitudine. Se ne sentono di tutti i colori. Hanno accusato persino Bob Dylan: “quaranta anni fa mi ha violentato”, ha detto una signora. Hanno accusato Johnny Depp, che ne è uscito assolto. Hanno accusato Kevin Spacey, che è stato assolto anche lui. E avanti così. Il fatto che ci sia un’assoluzione, però, non cancella la gravità del fenomeno. Queste sono persone finite sotto processo, giudiziario e mediatico: tanto rumore si fa quando vengono accusati, tanto poco se ne fa quando vengono prosciolti. 

Questo tipo di accusa – quando falsa – fa leva sui sentimenti più abbietti e sulle più vergognose pulsioni degli esseri umani. Intanto, si fa leva sul sesso, che è una delle pulsioni più istintuali degli esseri umani. In secondo luogo, si utilizza l’ambiguità che caratterizza tutti i rapporti sessuali per colpire l’avversario: il sesso è tante cose e le fantasie sessuali, gli atteggiamenti, sono mutevoli e personalissimi. E infine si fa leva sull’ipocrisia dilagante di questa società, una società corrotta, che però si indigna quando le consentono di sbirciare nella vita intima dei potenti, o dei loro affini. L’indignazione è molto spesso o invidia o schermo per una curiosità finalmente soddisfatta. 

Il caso Wilma Montesi

Quando cominciò questo tipo di fenomeno? In Italia, almeno nel contesto mediatico contemporaneo, cominciò col caso Wilma Montesi, la giovane popolana romana (molto bella) trovata morta seminuda su una spiaggia vicino Roma all’inizio degli anni Cinquanta del Novecento. La ragazza risultò essere vergine, il suo abbigliamento era modesto e non certo accattivante. La prima inchiesta, giudicata inizialmente conclusiva, disse che la ragazza era morta per essersi gettata in mare dopo aver mangiato, a seguito di un malore. Quando però un giornalista e una certa signora, e cioè Silvano Muto e Adriana Bisaccia, dichiararono di aver prove, presunte tali e poi dimostratesi infondate, che la ragazza aveva partecipato a una festa orgiastica a casa di un certo nobiluomo, festa nella quale era presente la meglio società romana (incluso il figlio di un ministro), la stampa, non solo quella scandalistica, purtroppo, si scatenò: ogni giorno venivano avanzate ipotesi, venne coinvolto persino il medico personale del Papa. Ovviamente, essendo coinvolto il figlio di un ministro, le illazioni (tutte infondante) furono usate per colpire ora questo ora quel politico. Il magistrato inquirente diede persino ai giornalisti la sua foto di neonato e in tenuta da calciatore: si presentò come il purificatore della società italiana, l’uomo che doveva risolvere quella che Pietro Ingrao, sull’Unità, chiamò la questione morale. Pietro Nenni disse che il caso Montesi sarebbe stata la Caporetto della borghesia italiana. Il figlio del ministro fu assolto; gli accusatori, cioè Muto e la Bisaccia, furono condannati per calunnia.

La stampa e la classe politica, anziché esercitare un certo freno, cavalcò la (finta) indignazione popolare. Si arrivò persino a pubblicare il certificato medico che confermava la verginità della vittima. La famiglia fu presa d’assedio. Si pubblicò su tutti i giornali che un certo uomo politico e avvocato frequentava con la moglie una casa chiusa, e si specificò che in quella casa chiusa la moglie, col marito consenziente, si impegnava in attività sessuali con alcuni giovani. Si fecero ipotesi del tutto infondate. C’erano, d’altronde, i tre elementi necessari per risvegliare tutta la dietrologia italiana (e non solo italiana): la droga , il sesso, e i potenti. 

Quella fu la prima occasione in cui si assistette al triste spettacolo cui assistiamo anche oggi. Sebbene sia un cliché dirlo, lo si vuole dire lo stesso: non c’è più rispetto. Non si ha più rispetto nemmeno per la dimensione privata, intima, di un padre e di un figlio. Ora la legge faccia il suo corso, ma lo faccia in silenzio. 

Enrico Cipriani

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1 commento

fabio crociato 11 Luglio 2023 - 10:24

Ok, però la presenza della droga, sino a prova del contrario vietata, venduta in nero, non è una questione privata, ma investe tutte le persone coinvolte. Almeno i figli dei fiori dichiaravano il loro stato tossico, adesso invece è spesso tutto nascosto determinando più facilmente situazioni non propriamente gestibili, spesso con ricadute pure drammatiche.

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