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Il dilemma dei “Mai con Salvini”: violenza sì o violenza no?

by Giuliano Lebelli
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mai con salviniRoma, 26 feb – La manifestazione dei #maiconsalvini sta raccogliendo consensi tra i professionisti della petizione democratica. Sabato, a far da contraltare alla kermesse salviniana a piazza del Popolo, a Roma, ci saranno le residuali realtà dell’estrema sinistra capitolina, con il placet di tutto il gotha sincero democratico: i 99 Posse, Elio Germano, Zerocalcare, Moni Ovadia, Erri De Luca, Ascanio Celestini etc.

Ma anche i soliti movimenti per la casa, i collettivi studenteschi, i circoli Anpi, i sindacati di base, le associazioni lgbt e persino partiti che a Roma sono nella compagine di governo, come Sel. Lo stesso partito che ieri ha contestato Salvini sotto al Campidoglio.

Come già accaduto per le ultime comunali di Roma, dove l’antagonismo cittadino si riunì sotto una lista dal nome improbabilmente mazziniano di Repubblica Romana, anche in questo caso, e a maggior ragione contro la calata dei “padani”, i “movimenti” stanno agitando la bandiera identitaria della romanità (in uno dei manifesti proposti figura persino Francesco Totti). Una romanità, beninteso… “meticcia” (?). Per spiegare la citata contestazione di Sel a Salvini, Gianluca Peciola, capogruppo Sel in Campidoglio, ha ironizzato: “Oggi con lui c’erano delle persone con un dialetto incomprensibile, forse erano celti, persone che parlano una lingua incomprensibile ai romani”. Sarà pure stata una battuta, ma questo richiamo all’autoctonia suona strano in bocca ai paladini di ogni meticciato.

Nei dibattiti preliminari, ovviamente svoltisi nelle aule della Sapienza che ad altri fini dovrebbero essere destinate, pare si sia dibattuto molto sulle modalità della protesta: approccio duro e puro, militante e militare, oppure passeggiata democratica, colorata e inoffensiva? Le varie anime della manifestazione si sono divise sull’argomento, alla fine si tenterà una improbabile sintesi fra i due approcci, probabilmente sbilanciata verso la modalità inoffensiva, i cui partigiani sembrano aver egemonizzato l’organizzazione.

I consueti episodi di violenza e danneggiamento, tuttavia, non possono essere esclusi a priori. Una giornata di fuoco, in effetti, farebbe comodo a tanti, sperando magari di generare una reazione fra gli elementi più movimentisti in piazza con Salvini per poi agitare lo spettro degli opposti estremismi. A voler pensar male, la disponibilità della questura a concedere la partenza del corteo a piazza Vittorio, non lontano dalla sede di CasaPound, potrebbe essere interpretata in questo senso.

Sembra comunque tramontato l’iniziale approccio puramente e dichiaratamente liberticida, come del resto platealmente ammesso sui siti di realtà militanti dell’estrema sinistra romana che figurano tra gli organizzatori della manifestazione di sabato, in cui si affermava nero su bianco che “l’obiettivo è impedire questa manifestazione” e “fermare con ogni mezzo possibile la manifestazione fascio-leghista”.

Un messaggio inquietante, che si è dovuto alla fine arrendere al realismo. Ma se l’idea di assaltare una manifestazione con decine di migliaia di persone è alla fine stata accantonata, i blitz contro le sedi leghiste o contro le strutture che ospitano convegni con leghisti hanno puntualmente accompagnato la vigilia dell’evento, con tanto di danneggiamenti e violenze. Cosa non si fa per la Costituzione…

Giuliano Lebelli

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